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Trieste - Orto Botanico, via de Marchesetti 2
Il giardino, molto istruttivo sulla flora del territorio, ospita più di mille specie di piante, da quelle provenienti dalle aree alpine alle varietà orticole locali: piante officinali, velenose, tessili, tintorie e alimentari, accanto a piante acquatiche e palustri. Offre i seguenti percorsi tematici:
“Florilegio di piante magiche”
“Giardino dei Semplici”
“Il Giardino Formale”
“Tinte d’erbe – Sezione piante Tintorie””
“L’orto dei veleni -Sentiero piante velenose”
“Percorso Geopleontologico”
Aperto dal 8 marzo al 15 novembre:
lunedì e mercoledì 9 – 17;
martedì, giovedì e venerdì 9 -13;
sabato e domenica 9 -14;
ingresso gratuito
Informazioni : ortobotanico@comune.triest
Telefono / Fax: +39 040 360068 – Cell. 348 6393055
Come arrivarci :
Autobus: Trieste Trasporti: Linee 25, 26 ; 26/ festivo
A piedi: Fermata linee n. 6, 9, 35 in piazza Volontari Giuliani, percorso: Scala San Luigi – Campo San Luigi.
STORIA:
Quello che sarebbe divenuto l’attuale Orto Botanico venne istituito nel 1842, per volere dell’allora sindaco di Trieste Muzio de Tommasini, come centro di ricerca botanica per sperimentare la possibilità d’attecchimento del pino nero austriaco sul Carso. Verrà aperto al pubblico nel 1873.
L’esperimento venne affidato al ricercatore, farmacista e botanico Bartolomeo Biasoletto (1793-1858) che vi trasferirà anche alcune specie rare coltivate nel suo Orto Farmaceutico.
Già nel 1827, Bartolomeo Biasoletto (per molti anni proprietario della farmacia che ancora oggi porta il suo nome “Farmacia Biasoletto All’Orso nero”, in via Roma 16, teneva lezioni di botanica farmaceutica, e aveva creato un orto botanico nei pressi della piazza del Fieno, l’odierno Foro Ulpiano. Nel 1833 veniva dato alla stampa il primo catalogo del Biasoletto, intitolato “Semina in horto Botanico Tergestino”, con 605 piante, aumentate in seguito, con l’aggiunta di piante non locali, fino a raggiungere 2039 specie. Nonostante il continuo aumento delle spese di gestione, il Biasoletto mantenne quasi interamente a suo carico per un trentennio l’orto botanico; solo il Gremio dei Farmacisti gli aveva assegnato, a partire dal 1833, una sovvenzione annua.
Negli anni 1840-42 il Biasoletto seminò il pino nero per un rimboschimento della brulla collina di S. Luigi, tra via Pindemonte e via Bonomo, creando quello che venne chiamato il bosco dei pini.
Nel 1844, Muzio de Tommasini acquistò dalle monache benedettine parte del fondo dell’attuale Giardino Pubblico, col proposito di erigervi una chiesa, ma, nel 1854, per suo volere e nonostante le lamentele delle monache, destinò l’area a parco cittadino e fu lui a piantarne i primi alberi. Nel 1846, l’instancabile Tommasini si adoperò per l’apertura del Museo di Storia Naturale, dapprima privato, e poi, dal 1851 assunto dal Comune. Dopo il 1861, quello che allora veniva definito Giardino Botanico comincia ad ampliarsi e a prendere forma grazie all’impianto e alla semina di un copioso numero di specie locali raccolte sulle Alpi Giulie, in Istria e in Dalmazia dal de’ Tommasini e dai suoi collaboratori. La botanica Elisa Braig (1803-1870), amica di Biasoletto e di Tommasini, lascia in eredità la sua raccolta di specie locali, che vanno ad incrementare l’Orto Botanico, che nel 1877, contava ben 254 piante diverse. Lo stesso anno viene dato alla stampa il primo catalogo per lo scambio di semi: «Delectus Seminum quae Hortus Botanicus Tergestini pro mutua communicatione offert», ad opera di Muzio de’ Tommasini e Raimondo Tominz. Nel 1878 viene eretto al Giardino Botanico, al centro del settore destinato alle piante officinali, un busto marmoreo in onore di Bartolomeo Biasoletto. L’epigrafe, dettata da Attilio Hortis, recita: “A Bartolomeo Biasoletto dignanese, botanico insigne, di questo già sterile poggio, ravvivatore, Trieste e l’Istria, riconoscenti MDCCCLXXVIII”.
Quel Giardino Botanico, che nel 1903 diventerà l’attuale Civico Orto Botanico, sarà mantenuto dal Tommasini a proprie spese dal 1861 fino alla sua morte, avvenuta nel 1879. Il Comune gli farà erigere nel Giardino Pubblico un busto, opera dello scultore Donato Barcaglia. Con la scomparsa del Tommasini l’amministrazione dell’Orto Botanico passò alla Società Adriatica di Scienze Naturali sotto la responsabilità di Raimondo Tominz (1822-1906), ispettore alle Pubbliche Piantagioni. Nel 1880, nel Bollettino della società, il Tominz pubblicò lo studio “Le piante officinali e della flora del litorale austro-ungarico coltivate nell’Orto botanico farmaceutico triestino nell’anno 1881”, dove sono elencate 1.273 specie classificate come pianta annua, bienne, perenne e legnosa.
Nel 1903 l’Orto Botanico diventa pubblica Istituzione e viene annesso al Museo di Storia Naturale. Carlo de’ Marchesetti (1850-1926), direttore del Museo, allievo prediletto di Tommasini, assume la direzione anche dell’Orto Botanico. Sotto la sua direzione il Civico Orto Botanico (è questo il nome che assume da quel momento) raggiunge la massima espansione planimetrica (attuale) ed arricchito con una sezione di piante palustri, una di piante alpine ed una di specie per usi economici, medicinali ed industriali.
Dopo il pensionamento del Marchesetti, il Museo Civico di Storia Naturale e gli istituti annessi passano sotto la direzione dello zoologo Mario Stenta (1876 -1928), quindi dal 1923 al 1946, sotto quella dell’entomologo Giuseppe Müller (1880-1967), nativo di Zara, che nel 1932 progettò l’Acquario Marino, per il quale venne organizzata una spedizione ittiologica nel Mar Rosso, che procurò numerosi pesci corallini.
La morte di Carlo de Marchesetti riaprì il problema dell’Orto botanico, già postosi in occasione del pensionamento dello stesso, in quanto il nuovo direttore del Museo e il suo assistente erano due zoologi ai quali non si poteva richiedere una passione botanica. Durante questo periodo l’orto è affidato alle cure provvisorie del prof. Antonio Ivancich, mentre il Comune che da tempo trova eccessiva l’erogazione di 24.000 lire annue, considera la possibilità di consegnare l’orto all’Ufficio delle pubbliche piantagioni, rinunciando così al suo carattere scientifico.
Nel 1929 l’Orto viene affidato al naturalista, botanico ed entemologo Carlo Lona (1885-1971); alle collezioni preesistenti vengono aggiunte una sezione di piante medicinali ed una sezione di piante dell’ambiente roccioso. Nel 1948 alla direzione subentra lo zoologo ed entomologo Edoardo Gridelli (1895-1958) direttore del Museo Civico di Storia Naturale.
Negli anni 1940-44 l’Orto Botanico ospitava due coccodrilli, in uno stagno ellittico, ed alcune scimmiette in gabbia.
Nel 1960 il Gridelli verrà sostituito da Renato Mezzena, che assume l’incarico sia di direttore del Museo Civico di Storia Naturale, sia quello dell’Orto Botanico.
Nel 1986 l’Orto viene chiuso al pubblico per insufficienza di risorse economiche.
Verrà riaperto al pubblico nel 2001.
Dal 1 febbraio 2012, è stato nominato direttore del Servizio Musei Scientifici del Comune di Trieste e del Civico Orto Botanico Nicola Bressi (naturalista e biologo della conservazione).
Bibliografia di riferimento :
F. Zubini, Chiadino e Rozzol, Trieste, 1997;
Trieste, Cent’anni di Storia – Vol.III, 1923-1930;
A. Sancin, Appunti cronologici dello sviluppo socio – economico e culturale di TRIESTE, 2013
Sitografia :
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