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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)