La primitiva cappella di Sant’Andrea

La chiesetta di Sant’Andrea
La denominazione di passeggio Sant’Andrea che un tempo era esteso all’attuale via Romolo Gessi, deriva da un’antica chiesetta dedicata a questo Santo, della quale le prime testimonianze risalgono al 1115 e in diversi documenti redatti successivamente viene citata tale chiesa circondata da un terreno che nel 1224 sarà piantato a viti e olivi, il sito viene chiamato riviera Sant’Andrea, la chiesetta sarà distrutta nel 1338. I terreni passarono alla nobile famiglia dei Francol, i quali sui ruderi antichi ricostruirono una chiesa che verrà consacrata nel 1643, nell’altare vennero poste le reliquie dei santi martiri Lazzaro, Servolo e Cristoforo. Era tradizione popolare dei fedeli triestini seguire la messa che veniva officiata il martedì dopo Pasqua.
Venne soppressa nel 1784 per l’editto di Giuseppe II, la campana e gli arredi furono donati alla chiesa di S. Maria Maggiore. L’edificio venne venduto all’asta e nel 1808 risulta già adibito ad osteria, rinomata per le eccellenti ostriche e l’ottimo vino proveniente dall’Istria, era chiamata “Osteria alla Rotonda” perché sita vicino alla rotonda” usata per il giro delle carrozze (alla fine della attuale via Romolo Gessi). Sul lato sinistro della chiesa era stata addossata un’altra costruzione ad uso cantina. Passò diversi proprietari, infine venne usata come deposito di attrezzi rurali, fino che il 23 novembre 1920 quando l’edificio fu acquistato dallo “Stabilimento tecnico triestino” e demolito l’anno successivo per far posto alla torre di raffreddamento dell’acqua della Fabbrica Macchine. ( Margherita Tauceri)


In questa foto si può osservare la piccola abside semicircolare con le due finestrelle strombate che costituivano il presbiterio dell’ex chiesetta di Sant’Andrea.
Misurava m 6.32 di larghezza e m 11.85 di profondità. Durante la demolizione si rilevò l’esistenza di un piccolo campanile a vela. (M.T.)

le foto della demolizione sono di Pietro Opiglia del 1921 Musei Civici ( EM)
Pietro Opiglia per i Musei Civici

Nella foto si nota che le finestre ora sono a livello della strada, a causa dell’innalzamento della stessa. ( M.T.)

Bibliografia
“San Vito” A. Seri S. Degli Ivanissevich
“La Fabbrica Macchine di Sant’Andrea” A. Seri

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La chiesetta della Santissima Trinità a Crogole

Foto Elisabetta Marcovich

La piccola chiesa della SS Trinità a Crogole, sotto il Monte Carso, fa parte della parrocchia di san Dorligo/Dolina. E’ stata costruita nel XVII secolo, con un 1662 scolpito sui pinnacoli dell’ingresso e poi un 1682 sull’ingresso. La soglia è costituita da antica pietra tombale.la facciata venne completamente rifatta nel 1910.

foto Gabriella Amstici
EFoto Dario Neddi

L’interno presenta un presbiterio affrescato con immagini degli Evangelisti cavalcanti i rispettivi simboli e immagini di santi vescovi o diaconi .

L’altare di legno scolpito mostra , fra colonnette tortili, la Trinità che incorona la Vergine. In alto, angioletti festanti, il tutto di uno stile barocco popolare. E’ stata restaurata nel 2006.

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La cappella Madre della Riconciliazione

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panoramica della Cappella Madre della Riconciliazione ( foto EM)

Adesso si chiama Cappella Madre della Riconciliazione, ed è la cappelletta al primo piano della ex chiesa dei santi Sebastiano e Rocco , aperta al culto nella primavera 2021 per rispetto del mandato testamentario dell’ultima proprietaria donatrice al comune : la storia della chiesa ” Sorta per desiderio testamentario del vescovo triestino Nicolò Aldegardis, che nel 1447 si auspicava la costruzione di una chiesetta dedicata al santo da erigersi dopo la sua dipartita, la realizzazione di San Sebastiano risulta essere in realtà più tardiva, né è plausibile la teoria seconda la quale la chiesetta risalirebbe addirittura al 1365 allorquando la Confraternita di S. Paolo dedicò il fondo “dannato e vacuo” dei Ranfi alla realizzazione di un edificio sacro che, andato in rovina, venne riedificato 85 anni più tardi proprio su commissione del vescovo. Un’ indulgenza di Papa Pio II accordata alla cappella unita ad una bolla di patronato, concessa ad Antonio de Leo proprietario dell’attiguo edificio, attestano l’esistenza di S. Sebastiano nel 1459. Tra il 1511 e il 1543 la chiesa venne sconsacrata a causa dell’imperversare della peste tanto che, forse, l’edificio venne addirittura demolito e sulle sue rovine ricostruita una nuova cappella dedicata non più solo a S. Sebastiano, ma anche a S. Rocco, santo protettore contro la peste. Nel 1602 la chiesetta perse però di importanza in concomitanza alla consacrazione della nuova chiesa di S. Rocco in Piazza Grande. Posta all’incanto da Giuseppe II nel1782 , fu quindi convertita in abitazione privata e venduta, nel 1785, al barone Francesco de Zanchi. Costui divise l’interno in due piani, aprendo nuove finestre e modificando la struttura della facciata esterna. Nel 1871 l’edificio passò in eredità a Regina Abriani vedova contessa Nugent e nel 1951, per volontà testamentaria della contessa Margherita Nugent fu Laval, divenne proprietà comunale.” ( dal sito del Comune).
La scelta della Madonna della Riconciliazione è stata fatta pensando all’immagine dell’Addolorata, davanti alla quale il vescovo Santin rimase in preghiera nel 1945 facendo il noto voto sulla non distruzione di Trieste che diede poi luogo al santuario di Monte Grisa. Per incorniciare l’immagine e aggiungere altre decorazioni, l’attuale vescovo ricorse al pittore russo Oleg Supereco, specializzato anche in arte sacra. In questi giorni l’immaginetta delle madonna è collegata ad una preghiera per la fine della pandemia..

Il dipinto della vergine Addolorata invece è opera ottocentesca di un pittore spagnolo, Luis Ferrant y Llausas

l’immaginetta della Vergine Addolorata

la pala coi Santi triestini, Giusto, Sergio, Servolo, Eufemia e Tecla che circondano l’immagine ( foto EM)
Il tondo della Pentecoste sul soffitto (foto EM)
Natività ( foto EM)
Angelo annunciante
Annunciata

Piazza Grande o meglio Piazza san Pietro attorno al 1820

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Piazza san Pietro nel 1820 circa.
a sinistra la chiesa di san Pietro, demolita a fine Ottocento.Al suo posto, palazzo Modello. e dietro la Dogana vecchia, dove oggi c’è il Tergesteo. La fila di edifici stretta e lunga in alto verrà inglobata nel Municipio di fine Ottocento, la A sta per la cancelleria del governo, la B è la Loggia – ricordata dagli attuali archi sotto il Municipio e difatti dietro c’è la stretta via della Loggia. Casa Jovovich è sempre al suo posto anche se adesso la chiamano casa Pitteri e c’è sotto il Despar. I due circoli al centro dovrebbero essere la fontana e la colonna di Carlo VI
Attaccata a san Pietro la casa di Nicolò Stratti che diventerà palazzo Stratti e gli Specchi, e davanti il teatro Vecchio o teatro san Pietro, che fu pure sede del Comune, e fu demolito anch’esso.
Poi ci sono le carceri, con un cortile ed un deposito.. la Locanda Grande che occupava parte della piazza e fra le carceri e la locanda la torre del Porto. Oltre la quale via dell’orologio che esiste tuttora- in parte e che ora sbocca a metà dell’attuale piazza.
Dopo via dell’orologio, che per anni tagliò la piazza con le rotaie del tram, viene il mandracchio, il porto riparato e protetto. Quello che viene ricordato dalle lucine blu per terra per ricordare che c’era il mare. Su cui, dopo interrato, sorse un effimero giardino. A sinistra il primo palazzo governatoriale, più piccolo dell’attuale e la cui facciata principale era su piazza del teatro, che si vede a sinistra . Il molo che proteggeva il mandracchio aveva una batteria di artiglieria ed una punta che rimase visibile dopo l’interramento, fino all’allargamento delle rive .

Si tratta della piazza, che , ingrandita, diventerà Piazza Unità e poi Piazza Unità d’Italia

 

Fonti: Celli Tognon e altri: la piazza nella città moderna, Rutteri : Trieste spunti dal suo passato, Zubini. Cittavecchia

La Trieste di Enea Silvio Piccolomini

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Itinerario dedicato al vescovo Piccolomini (Corsignano, 18 ottobre 1405 – Ancona, 14 agosto 1464), poi papa Pio II.

Il solo vescovo di Trieste – per pochi anni vescovo di Trieste dal 19 aprile 1447 fino al 24 ottobre 1449- diventato papa. I luoghi suggeriti sono in parte legati a lui, sulla facciata di san Giusto il busto di bronzo è ottocentesco, però la lapide è uno dei pochi manufatti di squisita arte rinascimentale che abbiamo a Trieste. Da papa (1458-1464), cercò di aiutare la città. Prima di giungere alla carriera ecclesiastica fu umanista. Presso la biblioteca civica c’è il museo petrarchesco piccolomineo. Si dice che la scelta del nome come papa sia stata ispirata dal virgiliano “Pius Aeneas” il Pio Enea. E a lui è attribuita una battuta in versi, che cito a memoria ” Fin ch’ero Enea- nessuno mi volea- adesso che son Pio- tutti mi chiaman zio”

TRIESTE – Chiesa di Sant’Antonio, anni ’50/’60

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Chiesa di Sant’Antonio, anni ’50/’60

Foto: Ferruccio Crovatto
Post di Livio Crovatto

Ferruccio Crovatto nasce a Trieste il 14 marzo 1920, da genitori provenienti dalla Dalmazia. Dopo il diploma in ragioneria presso l’istituto tecnico “G. R. Carli” si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio, ma ben presto deve interrompere gli studi in quanto chiamato sotto le armi in occasione della Campagna di Grecia. Quivi rimase fino all’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo il quale alterne vicissitudini lo portarono prima in un campo di prigionia tedesco, in Germana, poi in uno inglese in India. Ritornato in Italia alla fine del conflitto, vinse un concorso per entrare in banca, al Credito Italiano. In seguito a ciò andò a lavorare per un paio d’anni a Reggio Emilia, città in cui trovò degli amici che gli trasmisero la passione per la fotografia. Rientrò poi a Trieste, ove fu impiegato nella storica filiale di Piazza della Borsa per più di trent’anni, fino al pensionamento avvenuto nel 1984. Venne a mancare pochi anni dopo, il 20 giugno 1989, in seguito ai traumi riportati in un incidente stradale, avvenuto in Istria tre mesi prima, nel corso di quella che sarebbe stata la sua ultima gita fotografica.

Le prime foto. Fra quelle conservate, risalgono al 1951/52 – non sempre annotava luoghi e date delle riprese – e già nel 1958 era membro della FIAP, ossia la federazione internazionale degli artisti fotografici, mentre gia da alcuni anni si era associato al Circolo Fotografico Triestino, di cui sarebbe diventato negli anni a venire uno dei membri più rappresentativi. Nel contempo cominciò a pubblicare foto su giornali e riviste specializzate, affermandosi anche in vari concorsi, in Italia e all’estero.

Al periodo tra la metà degli anni ’50 e quella dei ’70 risalgono le sue serie fotografiche più note e caratterizzanti: i bimbi ciechi dell’istituto Rittmeyer, i musicisti jazz al castello di San Giusto, gli artisti circensi, i vetrai di Murano, le merlettaie e i pescatori di Burano e molte altre ancora.

I soggetti più ricorrenti nelle sue opere sono da una parte gli anziani, dall’altra i bambini spesso interrelati e colti con semplicità nei momenti di riflessione e di svago. E poi i lavoratori, specie artigiani e pescatori, impegnati nelle loro occupazioni, visti con occhio partecipe ma alieno da ogni sentimentalismo di maniera.

Gli ambienti suoi privilegiati sono sempre stati quelli rurali e agresti del Carso e dell’Istria, nonché il paesaggio della laguna di Grado-Marano e quella di Venezia (Burano e Pellestrina in primis), della quale, in particolare, seppe cogliere con maestria le magiche suggestioni.

I sentimenti che predominano sono quelli degli affetti e dei rapporti familiari, le malinconie e le gioie delle piccole cose e delle situazioni comuni, mollo spesso l’umorismo e il surrealismo insito in certe scene della vita quotidiana.

(Testo di Livio Crovatto)

TRIESTE – Lavori di costruzione del Santuario di Monte Grisa. Anni ’60

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Lavori di costruzione del Santuario di Monte Grisa. Anni ’60

Foto: Ferruccio Crovatto
Post di Livio Crovatto

Ferruccio Crovatto nasce a Trieste il 14 marzo 1920, da genitori provenienti dalla Dalmazia. Dopo il diploma in ragioneria presso l’istituto tecnico “G. R. Carli” si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio, ma ben presto deve interrompere gli studi in quanto chiamato sotto le armi in occasione della Campagna di Grecia. Quivi rimase fino all’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo il quale alterne vicissitudini lo portarono prima in un campo di prigionia tedesco, in Germana, poi in uno inglese in India. Ritornato in Italia alla fine del conflitto, vinse un concorso per entrare in banca, al Credito Italiano. In seguito a ciò andò a lavorare per un paio d’anni a Reggio Emilia, città in cui trovò degli amici che gli trasmisero la passione per la fotografia. Rientrò poi a Trieste, ove fu impiegato nella storica filiale di Piazza della Borsa per più di trent’anni, fino al pensionamento avvenuto nel 1984. Venne a mancare pochi anni dopo, il 20 giugno 1989, in seguito ai traumi riportati in un incidente stradale, avvenuto in Istria tre mesi prima, nel corso di quella che sarebbe stata la sua ultima gita fotografica.

Le prime foto. Fra quelle conservate, risalgono al 1951/52 – non sempre annotava luoghi e date delle riprese – e già nel 1958 era membro della FIAP, ossia la federazione internazionale degli artisti fotografici, mentre gia da alcuni anni si era associato al Circolo Fotografico Triestino, di cui sarebbe diventato negli anni a venire uno dei membri più rappresentativi. Nel contempo cominciò a pubblicare foto su giornali e riviste specializzate, affermandosi anche in vari concorsi, in Italia e all’estero.

Al periodo tra la metà degli anni ’50 e quella dei ’70 risalgono le sue serie fotografiche più note e caratterizzanti: i bimbi ciechi dell’istituto Rittmeyer, i musicisti jazz al castello di San Giusto, gli artisti circensi, i vetrai di Murano, le merlettaie e i pescatori di Burano e molte altre ancora.

I soggetti più ricorrenti nelle sue opere sono da una parte gli anziani, dall’altra i bambini spesso interrelati e colti con semplicità nei momenti di riflessione e di svago. E poi i lavoratori, specie artigiani e pescatori, impegnati nelle loro occupazioni, visti con occhio partecipe ma alieno da ogni sentimentalismo di maniera.

Gli ambienti suoi privilegiati sono sempre stati quelli rurali e agresti del Carso e dell’Istria, nonché il paesaggio della laguna di Grado-Marano e quella di Venezia (Burano e Pellestrina in primis), della quale, in particolare, seppe cogliere con maestria le magiche suggestioni.

I sentimenti che predominano sono quelli degli affetti e dei rapporti familiari, le malinconie e le gioie delle piccole cose e delle situazioni comuni, mollo spesso l’umorismo e il surrealismo insito in certe scene della vita quotidiana.

(Testo di Livio Crovatto)

Trieste – Chiesa di Scorcola dedicata all’Immacolato Cuore di Maria

La chiesa di Scorcola dedicata all’Immacolato Cuore di Maria, con il campanile non ancora completato.
Foto Collezione Giorgio Giorgetti.
Sorta in via S. Anastasio con il contributo sostanziale dei fedeli del rione, è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.
______________

Giorgio Giorgetti (Trieste, 14 ottobre 1944 - 3 marzo 2014). Collezionista e fotografo per diletto.

              

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Foto della vecchia Trieste molto conosciute

Anni fa il quotidiano locale il Piccolo regalò ai suoi lettori delle riproduzioni di fotografie della vecchia Trieste. Sono molto diffuse e riportate, le abbiamo raccolte in un Album che si può  anche vedere su facebook nel gruppo Trieste di ieri e di oggi https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.1048583658498557&type=3

Sono riportate le didascalie presenti nell’immagine, a volte generiche e in qualche caso imprecise

 

La Cappella dell’Arcivescovado

Cappella Arcivescovile

 
A Trieste esiste un gioiello architettonico che pochi conoscono. Si tratta della Cappella Arcivescovile dell’architetto di origini slovene Ivan Vurnik formatosi a Vienna (dove ha conosciuto la moglie Helene Kottler, validissima pittrice) negli anni della Secession austriaca e che rientrato a Trieste riceve l’incarico dall’Arcivescovo (Enzo Lorenzetti)
 
 
l’album facebook dedicato: https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.1114719698551619&type=1 
 

Visibile anche qua ( foto di Enzo Lorenzetti e Elisabetta Marcovich )

Madonna dei Fiori o della Boccia o della Borella

Vicino alla cappella Conti c’era un’osteria con un campo di bocce, sul bordo del quale stava un busto di Madonna in marmo bianco alabastrino, trovato in una campagna dall’oste Ferdinando Patarga da Sinigaglia detto “Fior” e per questo motivo chiamata “Madonna dei fiori”. Si racconta che nel 1840 la Madonna venne colpita da una boccia scagliatale contro da un giocatore arrabbiato, sulla parte colpita apparve una macchia sanguigna, per questo il busto è conosciuto anche con il nome di “Madonna della Borela”. A seguito di questo evento i Calafati reclamarono il busto e lo posero nella loro cappella, su un altare in legno costruito appositamente, poi, con il permesso del vescovo, il 15 ottobre 1849, mentre infuriava un’epidemia di colera, la portarono in processione. L’epidemia cessò e la Vergine divenne oggetto di devozione popolare, il 21 novembre 1849 ci fu un importante corteo per le vie della città per grazia ricevuta.
La cappella fu demolita nell’ottobre del 1939 e la Madonna fu sistemata nella Cattedrale di San Giusto, l’8 settembre 1957, per iniziativa del Vescovo Antonio Santin, la Madonnina venne posta in una piccola cappella sotto il palazzo INAIL in via Teatro Romano, pressappoco dove un tempo si trovava la Cappella Conti. ( testo Margherita Tauceri)
La statua prima di essere inserita nella cappelletta attuale si trovava a san Giusto, come mostrano alcune vecchie cartoline

 

 

Altre immagini della cappella attuale

Il cancello in bronzo con le figure di San Sergio e San Giusto realizzate dallo scultore Marcello Mascherini.

Alle pareti i dipinti di Dino Predonzani relativi alla storia della statua

 

 

le immagini in album, cliccare per visualizzare le foto a dimensioni più grandi :

Madonna dei Fiori

Madonna dei Fiori
Immagine 1 di 7


La discussione nel Gruppo Trieste di ieri e di oggi:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1741984575863914&set=gm.1871370799553168&type=3&theater&ifg=1

 

Bibliografia: 
Sergio Galimberti S Maria  Maggiore a Trieste- Parrocchia di S maria Maggiore 2003
Zubini Cittavecchia ed Italo Svevo 2006
Rutteri Trieste spunti dal suo passato Lint 1968
Rutteri Storia  e arte fra vie e piazze Lint 1981
Ruaro Loseri Guida di Trieste Lint 1985
Tamaro, Storia di Trieste

 

Trieste : Chiesa dell’Immacolato Cuore di Maria – via S. Anastasio

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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

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La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

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La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
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La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
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La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

Trieste : Chiesa dell’Immacolato Cuore di Maria – via S. Anastasio

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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNTFonte: F. Zubini

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Chiesa dell'Immacolato Cuore di Maria - via S. Anastasio
La chiesa, progettata dall’arch. Umberto Nordio, dipende dal Decanato di S. Antonio Taumaturgo. E’ stata aperta parzialmente al culto nel 1950 ed è stata consacrata il 19 marzo 1955 dal vescovo Antonio Santin.

La primitiva cappella dell’Immacolato Cuore di Maria, situata al piano terreno di una casa di civile abitazione in via S. Anastasio, di fronte alla chiesa attuale, divenne espositura della parrocchia di S. Antonio Taumaturgo il 1° ottobre 1927. La parrocchia è stata istituita il 1° settembre 1933 e riconosciuta civilmente in data 1.3.1934.
La chiesa attuale, costruita come da progetto dell’arch. Umberto Nordio, ebbe la posa della prima pietra nel 1938 e i lavori iniziarono nel 1942. Aperta parzialmente nel 1950 è stata consacrata il 19 marzo 1955. È una delle più grandi chiese della città avendo una superficie di 700 metri quadrati.
Sul santo arco è iscritto il motto dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria:
SURREXERUNT FILII EIUS ET BEATISSIMAM PRAEDICAVERUNT

Fonte: F. Zubini

Trieste – Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
Chiesa di San Pasquale Baylon (Trieste) – Wikipedia

Trieste – Cripta della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Cripta della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
Chiesa di San Pasquale Baylon (Trieste) – Wikipedia

Trieste – Trieste – Cripta della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Cripta della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
Chiesa di San Pasquale Baylon (Trieste) – Wikipedia

Trieste – Cripta della Chiesa di San Pasquale Baylon – Sarcofago di Pasquale Revoltella

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Trieste - Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Sarcofago di Pasquale Revoltella

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
Chiesa di San Pasquale Baylon (Trieste) – Wikipedia

Trieste – Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
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Trieste – Altare della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Altare della Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
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Trieste – Cupola della Chiesa di San Pasquale Baylon (Parco di Villa Revoltella)

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Trieste - Cupola della Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
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Trieste - Chiesa di San Pasquale Baylon 
(Parco di Villa Revoltella). Via de Marchesetti

 La chiesa venne consacrata con una Messa celebrata dall’allora vescovo di Trieste Bartolomeo Legat, il 17 maggio 1867, scegliendo il giorno della festa del santo francescano.

In cima al colle del Cacciatore, il Parco si estende al suo interno per oltre 40.000 mq. e comprende: la casa del custode, la chiesa di S.Pasquale, la residenza del parroco, la Villa chalet da cui prende il nome, le ex scuderie, la serra grande, il ninfeo ed altre pertinenze minori.
Dall’ingresso principale di via Marchesetti si incontra sulla sinistra la casa del custode e sulla destra, anticipata da un piccolo giardino con fontana, la chiesa di San Pasquale.

I progetti per la costruzione della Chiesa, da attribuirsi all’architetto praghese Joseph Andress Kranner con la collaborazione dell’ingegner Giuseppe Sforzi (solo di quest’ultimo ci sono pervenuti i disegni), risalgono al 1857/58. Sforzi sottoscrisse il 30 agosto 1857 le tavole di progetto, con la dicitura: “secondo il progetto dell’architetto Kranner”. Sforzi fu poi Direttore dei Lavori, approvati e controfirmati dall’ingegnere civico Giuseppe Bernardi, il 9 agosto 1858.
Il tutto venne approvato dal Comune nel 1863, e nel 1865 il barone Revoltella fece trasportare le ossa della madre Domenica dal Cimitero comunale alla cripta (da cui si evince che la Chiesa era finita o quasi).

La Chiesa, che si sviluppa per un’altezza di diciannove metri, larga poco meno di quindici, è rivestita in pietra di Aurisina e racchiude elementi d’arte tardo romanica, bizantina e medievale.

Nella cripta, a pianta rettangolare con due colonne poste al centro suddiviso in sei campate, si trovano i sepolcri del Barone Revoltella, a destra, e della madre Domenica, a sinistra. Sull’altare è collocata una raffigurazione in bronzo della “Pietà” opera del viennese Francesco Bauer, realizzata nel 1865.

Dall’ingresso della cripta due rampe di scale simmetriche conducono al terrazzo e al vestibolo della Chiesa, che si presenta a croce greca. Sopra la porta d’ingresso, sulla facciata interna, si trovano l’epigrafe e il busto dipinto di S.Pasquale. La cupola a base ottagonale, presenta un cielo stellato su fondo blu, opera di Abbondio Isella. Ai lati della cupola quatto affreschi raffiguranti i Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno), eseguiti da Mattia Trenkwald.
Le pareti laterali ospitano due grandi affreschi, realizzati da Domenico Fabris di Osoppo nel 1864 con scene di vita di San Pasquale Baylon.
Sulle paret,i posti in alto, si possono ammirare otto medaglioni con i busti dei Profeti (Aronne, Davide, Samuele, Malachia, Geremia, Isaia, Ezechiele, Mosè), eseguiti da Domenico Fabris.

L’altare di marmo è opera del lombardo Bottinelli.

L’abside raffigura l’ascensione di Cristo sorretto da angeli, più sotto al centro la Madonna, con ai lati i dodici apostoli, opera del Trenkwald.

Bibliografia:
S.Pasquale da Baylon e Sant’Eufemia (Diocesi Trieste.it)
La Chiesa di S.Pasquale da Baylon (Openstarts)
Chiesa di San Pasquale Baylon (Trieste) – Wikipedia

 

Trieste: Piazza Sant’Antonio. La Chiesa della Santissima Trinità e di San Spiridione

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Trieste: Piazza Sant’Antonio. La Chiesa della Santissima Trinità e di San Spiridione Foto Paolo Carbonaio

La Chiesa della Santissima Trinità e di San Spiridione
tra Piazza Sant’Antonio, via San Spiridione e via Genova.
La chiesa, nota anche con il nome di “Chiesa degli Schiavoni”, sorge sul sito in origine occupato dalla chiesa settecentesca, dedicata a San Spiridione e alla Santissima Trinità, di proprietà della Confraternita Greca-Illirica, autorizzata con decreto del 1751 da Maria Teresa alla costruzione di un proprio tempo.

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Trieste: Piazza Sant'Antonio. La Chiesa della Santissima
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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

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La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortosossa)

Trieste : Via San Spiridione con la chiesa Serbo Ortodossa viste da piazza Sant’Antonio. Anni ’30

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Chiesa di San Spiridione Taumaturgo

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La nuova chiesa di S. Spiridione sorge nello stesso luogo dell’antico ed omonimo tempio settecentesco costruito dalla “nazione greca” – allora comprendente anche gli “illirici” – che dovette essere demolito nel 1861.
La Comunità, desiderando edificare un tempio particolarmente importante, bandì un pubblico concorso già nel settembre del 1858, al quale furono invitati i più rinomati architetti di Vienna, Venezia, Milano, Monaco di Baviera, Roma, Firenze e Pietrogrado, che dovevano presentare i propri progetti entro e non oltre il 31 marzo 1859, come riportato dall’“Osservatore triestino”. La scelta del progetto venne affidata all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Stranamente, le risposte al concorso non furono molte. Dei sette progetti presentati, l’Archivio della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa conserva sei disegni, due dei quali firmati, uno da Angelo Colla e l’altro da Carlo Ruffini, ambedue presentatisi con sigle o scritte in greco e di altri tre, ugualmente interessanti, conosciamo soltanto i motti: «Firenze», «Il solo pensiero» e «Dio sia lodato».
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia prescelse quale miglior progetto quello contraddistinto dalla sigla «A-Ω», scelta confermata in una sessione del Consiglio della Comunità tenutasi dal 30 settembre al 12 ottobre 1859. Quando le buste del concorso furono aperte si conobbe il nome del vincitore: Carlo Maciachini (Induno, 1818 – Varese, 1899), l’architetto di Milano, allievo dell’Accademia di Brera, sostenitore degli “stili storici” e progettista di edifici che rievocano modelli romanico-gotici.
Poiché la Patente imperiale del 1751 aveva permesso ai culti non cattolici di erigere “oratori”, «però senza campane, campanili e pubblico ingresso dalla strada, quando questi già non esistessero», la comunità dovette rivolgersi alle autorità per richiedere l’abolizione di tali limiti. La vecchia chiesa di San Spiridione «non prospettava sulle pubbliche vie» ed era costruita «internamente al fondo e racchiusa con muro recinto». Invece, secondo il nuovo progetto, la facciata principale dava sulla pubblica via di San Spiridione, con ingresso immediato dalla strada. Rivoltisi al podestà Tommasini, che a sua volta interpellò l’Imperial Regia Luogotenenza sostenendo le ragioni dei serbi, essi ottennero immediatamente la risposta positiva. Il preventivo dei lavori (esclusi i mosaici terminati soltanto nel 1884) fu di 279.650,116 fiorini.
Il sacro edificio venne costruito sotto la direzione dell’ingegnere triestino Pietro Palese, mentre la parte decorativa fu eseguita dal milanese Antonio Caremmi. L’interno della chiesa è riccamente dipinto con affreschi su fondo d’oro, eseguiti da Giuseppe Bertini.
Il tempio rivela il desiderio del suo costruttore di erigere un edificio ispirato all’architettura bizantina. L’impianto, a croce greca sovrastata da una grande cupola sostenuta da quattro pennacchi, crea l’impressione di un edificio ad aula centrale. Quattro cupolette angolari, come se fossero campanili, costituiscono una soluzione originale, mentre la facciata principale ricorda il romanico italiano. La costruzione di San Spiridione manifesta l’intenzione del suo progettista di tornare indietro nei secoli e al contempo la volontà dei committenti di avere un tempio quanto più maestoso e monumentale possibile, simbolo e immagine della loro forza economica.
Tutta la parte esterna del tempio è rivestita di pietre delle cave di Santa Croce nel Carso e di Brioni in Istria. Anche i mosaici e gli affreschi dell’interno mettono in primo piano il senso della monumentalità e il desiderio di magnificenza: tutto è rappresentato a grandi formati e l’oro delle superfici musive è ripreso sui dipinti. Ovviamente i due artisti, Maciachini e Bertini, avevano in mente le splendide realizzazioni della Basilica di San Marco a Venezia e delle chiese ravennati. Per motivi economici, però, dovettero limitare l’uso dei mosaici solo sulle facciate esterne, mentre all’interno cercarono soltanto di trasmettere questo effetto, grazie agli affreschi che utilizzano la stessa tecnica. Sopra l’ingresso principale, nel mosaico su fondo oro, è raffigurato San Spiridione, titolare della chiesa, mentre nella lunetta e nelle nicchie sopra l’ingresso settentrionale, troviamo l’Arcangelo Michele e i Santi Atanasio e Gregorio.
Il tempio di San Spiridione, alto 40 metri, lungo 38 e largo 31, può accogliere fino a 1600 fedeli.La chiesa, che oggi domina la zona del Canale, fu completata in tutte le sue strutture il 9 luglio 1869. A benedire il nuovo tempio della comunità “illirica” che in quegli anni contava più di cinquecento correligionari, fu invitato il patriarca Samuilo Maširević. Questi però, occupato dai lavori del grande concilio della Chiesa autocefala serba, mandò in sua vece l’archimandrita German Andjelić, che venti anni prima aveva trascorso un certo periodo a Trieste come diacono della vecchia chiesa di San Spiridione.
Dopo vent’anni, il 24 dicembre 1885, il sacro edificio fu finalmente completato. Era la vigilia del Natale cattolico, che corrispondeva, secondo il calendario giuliano, all’11 dello stesso mese, cioè al giorno consacrato alla festa del patrono della chiesa, San Spiridione. In quell’occasione si celebrò una solenne liturgia, come riportato dai giornali locali.
L’interno del tempio è decorato con pregevoli pitture su fondo in olio. Sopra la Sacra Mensa e l’altare c’è una grande immagine di Cristo sul trono con i dodici apostoli. Sulla parte destra del tempio è rappresentata l’Assunzione della Vergine; sulla sinistra è raffigurato il primo Concilio ecumenico di Nicea tenutosi nel 325. Vi si possono scorgere i santi padri sotto la simbolica presidenza di San Spiridione, patrono del tempio. Sulla parte occidentale della chiesa è raffigurato il sarcofago del patrono, che si trova nell’isola di Corfù, dove ancor oggi si conservano le sue reliquie.L’iconostasi che divide il presbiterio dal resto della chiesa è elaborata in massiccio intaglio in muratura di linea sobria, arricchito da bellissima ornamentazione. Nella prima fila in basso, fra le «porte regali» si trovano quattro grandi icone di eccezionale valore e grande pregio artistico: esse raffigurano la Santa Vergine, Gesù Cristo, San Spiridione Taumaturgo e l’Annunciazione. Queste icone sono ricoperte in argento e oro con pietre preziose. Originariamente si sarebbero trovate già nel vecchio tempio preesistente. La fila superiore dell’iconostasi porta le raffigurazioni iconografiche dei santi serbi: S. Simeone Mirotočivi, S. Sava, S. Stefano Prvovenčani e lo zar Urosh. Nella terza fila in alto si possono ammirare le immagini del battesimo di Cristo, della sua crocifissione e resurrezione.
Alla base dell’altare un bassorilievo in argento massiccio raffigura l’Ultima cena, d’ispirazione leonardesca.; sovrasta la Sacra Mensa una magnifica croce in oro, argento, pietre dure e gemme preziose, alta due metri. Tutto l’interno del presbiterio è ornato da pregevoli lavori di accurati iconografi e artisti. All’interno del tempio, al di qua dell’iconostasi, sono di particolare risalto il grande candelabro centrale a tre piani in argento nonché la grande lampada votiva, pure in argento, donata dal granduca russo – più tardi divenuto zar – Paolo Petrovich Romanov, durante la sua visita a Trieste nel gennaio del 1782. Altre donazioni hanno arricchito il «tesoro» del tempio, in parte depredato in seguito agli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale: la contessa russa Julia Samojlova aveva donato alla chiesa serba un Vangelo rivestito in oro e preziosi paramenti sacerdotali che sono spariti assieme ad altri oggetti di grande valore. (Comunità Serbo-Ortodossa)

Trieste : Canal Grande e Chiesa di S. Antonio, 1902

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Ponterosso, 1902. Collezione Dino Cafagna

La casa bassa a sinistra, che risaliva al 1795, ospitò dal 1816 al 1894 il primo ufficio postale della città (traslocarono poi nell’attuale sede di piazza Vittorio Veneto); da cui la denominazione di “Contrada della Posta” (oggi via G. Rossini). Sulla sua area fu eretto, nel 1903, l’attuale edificio della Direzione di Polizia. Attualmente ospita gli uffici della Guardia di Finanza e della Polizia di Frontiera.
A destra il palazzo Darwil, costruito in stile pseudo toscano, nel 1906. (Dino Cafagna)

Trieste : Chiesa Greco Ortodossa di San Nicolò, pulpito

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Chiesa Greco Ortodossa di San Nicolò, pulpito

Sulla parete sinistra della chiesa si trova il pulpito ligneo con quattro pannelli a fondo d’oro raffiguranti gli Evangelisti, attribuiti al pittore greco Giovanni Trigonis (1817-1841). Sulla porta alta d’accesso al pulpito è rappresentato il Christos Basileus, sempre della stesso artista, la porta in basso è camuffata tra gli scanni di legno delle pareti.

Trieste : San Giacomo, Chiesa di San Giacomo Apostolo

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Chiesa di San Giacomo Apostolo (1848)
Stile eclettico con riferimenti lombardeschi e bizantini.
Pianta basilicale a tre navate, separate da dodici colonne e quattro semicolonne a sezione ottagonale sormontate da capitelli a fogliami di stucco bianco. La chiesa ospita quatto altari tutti progettati dall’architetto Giuseppe Sforzi ed eseguiti dallo scalpellino Pietro Palese; gli altri, compreso l’altare maggiore, vennero realizzati da Giovanni Antonio Dorigo.
L’abside è decorato da un affresco a finto mosaico eseguito dai pittori Luigi Castro e Giovanni Zucco rappresentante la Beata Vergine, San Giacomo e San Servolo, i tre santi contitolari della chiesa.
Questo affresco è l’unico superstite di un gruppo di tre interessati dai lavori di restauro della chiesa nel 1954-55.
Gli altri due affreschi laterali, opere di Pompeo Randi e commissionati dal parroco Mattia Dubrovich, raffiguravano la Trasfigurazione di Gesù e l’Ascensione al Cielo.
L’altare della navata di sinistra fu eseguita da P. Palese ed è dedicato a S. Rocco mentre all’interno del coro si nota un quadro raffigurante la Beata Vergine della Salute donato da Pietro Kandler e collocato originariamente nella Cappella Rossetti in via Nuova (poi Mazzini); la navata laterale destra presenta due altari, uno dedicato alla Madonna del Rosario, sovrastata da una pala di Edoardo de Heinrich raffigurante la Vergine col Bambino, Sant’Antonio Taumaturgo e San Vincenzo Ferreri; l’altro altare è dedicato a San Nicolò e la pala rappresentante il Santo è uno dei dipinti dì maggior interesse della chiesa. Fu eseguita dal pittore viennese Johann Till senior (1800-1889). Il dipinto venne donato dall’arciduca Ferdinando Massimiliano nel 1855 quando era comandante della flotta austriaca a Trieste. Raffigura il Santo vescovo di Mira in atto di impetrare dalla Beata Vergine la salvezza di alcuni marinai la cui nave sta naufragando nel mare in tempesta.

Nella chiesa di San Giacomo sono conservate altre interessanti opere come, ad esempio, un busto della Madonna in marmo di Carrara dello scultore Francesco Bosa e una “via crucis”. C’è ancora una serie di 14 quadri raffiguranti santi del pittore triestino Giovanni Luigi Rose e già facenti parte di un gruppo di 17 quadretti. Quindici di questi (uno è oggi perduto, due sono relativamente recenti) erano nelle nicchie dei paliotti marmorei appartenenti ai tre altari laterali; altri due stavano invece sopra un quarto altare posto nella navata di sinistra e ora demolito. Proveniva dalla chiesa di S.M. Maggiore e venne donato alla chiesa di San Giacomo da Giovanni Battista Silverio, recava una pala opera di Natale Schiavoni rappresentante Gesù nell’orto che tuttora si conserva. Venne trasferito nella chiesa di San Giacomo allorché, nel 1853, Pasquale Revoltella fece erigere un nuovo altare nella navata destra dell’ex chiesa dei Gesui ti, di S. M. Maggiore.

Nel 1848 venne autorizzato l’acquisto del terreno delle autorità municipali, allora Podestà Muzio de Tommasini. Il progetto venne affidato all’architetto e ingegnere comunale Giuseppe Sforzi (1801-1883), all’epoca molto attivo con la costruzione di numerosi edifici cittadini. L’edificazione iniziò il 1849 ad opera del costruttore Innocenzo Turrini. Negli scavi per la realizzazione delle fondamenta emersero numerosi reperti romani. La pietra memoriale venne benedetta e sotterrata solennemente il 27 luglio 1851, sul posto dove nell’area doveva essere eretto l’altare maggiore, a lavori molto avanzati.
La notte del 22 febbraio 1852, una forte Bora fece crollare le impalcature e creò forti danni a tutto il cantiere. Si studiarono nuove soluzioni tecniche; vennero rinforzate le navate laterali e costruiti degli archivolti rinforzati con spranghe di ferro che collegarono le colonne ai muri laterali.
I lavori si conclusero nel 1854 e venne consacrata il 25 luglio 1854 dal vescovo Bartolomeo Legat e dedicata alla Beata Vergine, a San Giacomo e a San Servolo.
L’intitolazione a San Giacomo voleva ricordare una cappella esistente in zona, di proprietà della famiglia Giuliani , allora dedicata ai Santi Rocco e Giacomo.
Custodisce pregevoli opere d’arte. Importanti lavori di restauro sono stati eseguiti nel 1954/1955 per il centenario della chiesa e nel maggio 2004, per i suoi centocinquant’anni.

“San Giacomo” (Jacopo o Iacopo Betsaida) di Zebedeo, detto anche Giacomo il «Maggiore», secondo quanto riportato nel Nuovo Testamento fu uno dei dodici apostoli di Gesù. Viene chiamato il «Maggiore» per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo detto «Minore».
Figlio di Zebedeo e di Salome, era il fratello dell’apostolo Giovanni. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Dopo la morte di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di Gerusalemme e si narra di un improbabile viaggio in Spagna al fine di diffondere il Vangelo. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa attorno all’anno 44. (g.c.)

Trieste : San Giacomo, Chiesa di San Giacomo Apostolo

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Chiesa di San Giacomo Apostolo (1848)
Stile eclettico con riferimenti lombardeschi e bizantini.
Pianta basilicale a tre navate, separate da dodici colonne e quattro semicolonne a sezione ottagonale sormontate da capitelli a fogliami di stucco bianco. La chiesa ospita quatto altari tutti progettati dall’architetto Giuseppe Sforzi ed eseguiti dallo scalpellino Pietro Palese; gli altri, compreso l’altare maggiore, vennero realizzati da Giovanni Antonio Dorigo.
L’abside è decorato da un affresco a finto mosaico eseguito dai pittori Luigi Castro e Giovanni Zucco rappresentante la Beata Vergine, San Giacomo e San Servolo, i tre santi contitolari della chiesa.
Questo affresco è l’unico superstite di un gruppo di tre interessati dai lavori di restauro della chiesa nel 1954-55.
Gli altri due affreschi laterali, opere di Pompeo Randi e commissionati dal parroco Mattia Dubrovich, raffiguravano la Trasfigurazione di Gesù e l’Ascensione al Cielo.
L’altare della navata di sinistra fu eseguita da P. Palese ed è dedicato a S. Rocco mentre all’interno del coro si nota un quadro raffigurante la Beata Vergine della Salute donato da Pietro Kandler e collocato originariamente nella Cappella Rossetti in via Nuova (poi Mazzini); la navata laterale destra presenta due altari, uno dedicato alla Madonna del Rosario, sovrastata da una pala di Edoardo de Heinrich raffigurante la Vergine col Bambino, Sant’Antonio Taumaturgo e San Vincenzo Ferreri; l’altro altare è dedicato a San Nicolò e la pala rappresentante il Santo è uno dei dipinti dì maggior interesse della chiesa. Fu eseguita dal pittore viennese Johann Till senior (1800-1889). Il dipinto venne donato dall’arciduca Ferdinando Massimiliano nel 1855 quando era comandante della flotta austriaca a Trieste. Raffigura il Santo vescovo di Mira in atto di impetrare dalla Beata Vergine la salvezza di alcuni marinai la cui nave sta naufragando nel mare in tempesta.

Nella chiesa di San Giacomo sono conservate altre interessanti opere come, ad esempio, un busto della Madonna in marmo di Carrara dello scultore Francesco Bosa e una “via crucis”. C’è ancora una serie di 14 quadri raffiguranti santi del pittore triestino Giovanni Luigi Rose e già facenti parte di un gruppo di 17 quadretti. Quindici di questi (uno è oggi perduto, due sono relativamente recenti) erano nelle nicchie dei paliotti marmorei appartenenti ai tre altari laterali; altri due stavano invece sopra un quarto altare posto nella navata di sinistra e ora demolito. Proveniva dalla chiesa di S.M. Maggiore e venne donato alla chiesa di San Giacomo da Giovanni Battista Silverio, recava una pala opera di Natale Schiavoni rappresentante Gesù nell’orto che tuttora si conserva. Venne trasferito nella chiesa di San Giacomo allorché, nel 1853, Pasquale Revoltella fece erigere un nuovo altare nella navata destra dell’ex chiesa dei Gesui ti, di S. M. Maggiore.

Nel 1848 venne autorizzato l’acquisto del terreno delle autorità municipali, allora Podestà Muzio de Tommasini. Il progetto venne affidato all’architetto e ingegnere comunale Giuseppe Sforzi (1801-1883), all’epoca molto attivo con la costruzione di numerosi edifici cittadini. L’edificazione iniziò il 1849 ad opera del costruttore Innocenzo Turrini. Negli scavi per la realizzazione delle fondamenta emersero numerosi reperti romani. La pietra memoriale venne benedetta e sotterrata solennemente il 27 luglio 1851, sul posto dove nell’area doveva essere eretto l’altare maggiore, a lavori molto avanzati.
La notte del 22 febbraio 1852, una forte Bora fece crollare le impalcature e creò forti danni a tutto il cantiere. Si studiarono nuove soluzioni tecniche; vennero rinforzate le navate laterali e costruiti degli archivolti rinforzati con spranghe di ferro che collegarono le colonne ai muri laterali.
I lavori si conclusero nel 1854 e venne consacrata il 25 luglio 1854 dal vescovo Bartolomeo Legat e dedicata alla Beata Vergine, a San Giacomo e a San Servolo.
L’intitolazione a San Giacomo voleva ricordare una cappella esistente in zona, di proprietà della famiglia Giuliani , allora dedicata ai Santi Rocco e Giacomo.
Custodisce pregevoli opere d’arte. Importanti lavori di restauro sono stati eseguiti nel 1954/1955 per il centenario della chiesa e nel maggio 2004, per i suoi centocinquant’anni.

“San Giacomo” (Jacopo o Iacopo Betsaida) di Zebedeo, detto anche Giacomo il «Maggiore», secondo quanto riportato nel Nuovo Testamento fu uno dei dodici apostoli di Gesù. Viene chiamato il «Maggiore» per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo detto «Minore».
Figlio di Zebedeo e di Salome, era il fratello dell’apostolo Giovanni. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Dopo la morte di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di Gerusalemme e si narra di un improbabile viaggio in Spagna al fine di diffondere il Vangelo. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa attorno all’anno 44. (g.c.)

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Chiesa di San Giacomo Apostolo (1848)
Stile eclettico con riferimenti lombardeschi e bizantini.
Pianta basilicale a tre navate, separate da dodici colonne e quattro semicolonne a sezione ottagonale sormontate da capitelli a fogliami di stucco bianco. La chiesa ospita quatto altari tutti progettati dall’architetto Giuseppe Sforzi ed eseguiti dallo scalpellino Pietro Palese; gli altri, compreso l’altare maggiore, vennero realizzati da Giovanni Antonio Dorigo.
L’abside è decorato da un affresco a finto mosaico eseguito dai pittori Luigi Castro e Giovanni Zucco rappresentante la Beata Vergine, San Giacomo e San Servolo, i tre santi contitolari della chiesa.
Questo affresco è l’unico superstite di un gruppo di tre interessati dai lavori di restauro della chiesa nel 1954-55.
Gli altri due affreschi laterali, opere di Pompeo Randi e commissionati dal parroco Mattia Dubrovich, raffiguravano la Trasfigurazione di Gesù e l’Ascensione al Cielo.
L’altare della navata di sinistra fu eseguita da P. Palese ed è dedicato a S. Rocco mentre all’interno del coro si nota un quadro raffigurante la Beata Vergine della Salute donato da Pietro Kandler e collocato originariamente nella Cappella Rossetti in via Nuova (poi Mazzini); la navata laterale destra presenta due altari, uno dedicato alla Madonna del Rosario, sovrastata da una pala di Edoardo de Heinrich raffigurante la Vergine col Bambino, Sant’Antonio Taumaturgo e San Vincenzo Ferreri; l’altro altare è dedicato a San Nicolò e la pala rappresentante il Santo è uno dei dipinti dì maggior interesse della chiesa. Fu eseguita dal pittore viennese Johann Till senior (1800-1889). Il dipinto venne donato dall’arciduca Ferdinando Massimiliano nel 1855 quando era comandante della flotta austriaca a Trieste. Raffigura il Santo vescovo di Mira in atto di impetrare dalla Beata Vergine la salvezza di alcuni marinai la cui nave sta naufragando nel mare in tempesta.

Nella chiesa di San Giacomo sono conservate altre interessanti opere come, ad esempio, un busto della Madonna in marmo di Carrara dello scultore Francesco Bosa e una “via crucis”. C’è ancora una serie di 14 quadri raffiguranti santi del pittore triestino Giovanni Luigi Rose e già facenti parte di un gruppo di 17 quadretti. Quindici di questi (uno è oggi perduto, due sono relativamente recenti) erano nelle nicchie dei paliotti marmorei appartenenti ai tre altari laterali; altri due stavano invece sopra un quarto altare posto nella navata di sinistra e ora demolito. Proveniva dalla chiesa di S.M. Maggiore e venne donato alla chiesa di San Giacomo da Giovanni Battista Silverio, recava una pala opera di Natale Schiavoni rappresentante Gesù nell’orto che tuttora si conserva. Venne trasferito nella chiesa di San Giacomo allorché, nel 1853, Pasquale Revoltella fece erigere un nuovo altare nella navata destra dell’ex chiesa dei Gesui ti, di S. M. Maggiore.

Nel 1848 venne autorizzato l’acquisto del terreno delle autorità municipali, allora Podestà Muzio de Tommasini. Il progetto venne affidato all’architetto e ingegnere comunale Giuseppe Sforzi (1801-1883), all’epoca molto attivo con la costruzione di numerosi edifici cittadini. L’edificazione iniziò il 1849 ad opera del costruttore Innocenzo Turrini. Negli scavi per la realizzazione delle fondamenta emersero numerosi reperti romani. La pietra memoriale venne benedetta e sotterrata solennemente il 27 luglio 1851, sul posto dove nell’area doveva essere eretto l’altare maggiore, a lavori molto avanzati.
La notte del 22 febbraio 1852, una forte Bora fece crollare le impalcature e creò forti danni a tutto il cantiere. Si studiarono nuove soluzioni tecniche; vennero rinforzate le navate laterali e costruiti degli archivolti rinforzati con spranghe di ferro che collegarono le colonne ai muri laterali.
I lavori si conclusero nel 1854 e venne consacrata il 25 luglio 1854 dal vescovo Bartolomeo Legat e dedicata alla Beata Vergine, a San Giacomo e a San Servolo.
L’intitolazione a San Giacomo voleva ricordare una cappella esistente in zona, di proprietà della famiglia Giuliani , allora dedicata ai Santi Rocco e Giacomo.
Custodisce pregevoli opere d’arte. Importanti lavori di restauro sono stati eseguiti nel 1954/1955 per il centenario della chiesa e nel maggio 2004, per i suoi centocinquant’anni.

“San Giacomo” (Jacopo o Iacopo Betsaida) di Zebedeo, detto anche Giacomo il «Maggiore», secondo quanto riportato nel Nuovo Testamento fu uno dei dodici apostoli di Gesù. Viene chiamato il «Maggiore» per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo detto «Minore».
Figlio di Zebedeo e di Salome, era il fratello dell’apostolo Giovanni. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Dopo la morte di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di Gerusalemme e si narra di un improbabile viaggio in Spagna al fine di diffondere il Vangelo. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa attorno all’anno 44. (g.c.)

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Chiesa di San Giacomo Apostolo (1848)
Stile eclettico con riferimenti lombardeschi e bizantini.
Pianta basilicale a tre navate, separate da dodici colonne e quattro semicolonne a sezione ottagonale sormontate da capitelli a fogliami di stucco bianco. La chiesa ospita quatto altari tutti progettati dall’architetto Giuseppe Sforzi ed eseguiti dallo scalpellino Pietro Palese; gli altri, compreso l’altare maggiore, vennero realizzati da Giovanni Antonio Dorigo.
L’abside è decorato da un affresco a finto mosaico eseguito dai pittori Luigi Castro e Giovanni Zucco rappresentante la Beata Vergine, San Giacomo e San Servolo, i tre santi contitolari della chiesa.
Questo affresco è l’unico superstite di un gruppo di tre interessati dai lavori di restauro della chiesa nel 1954-55.
Gli altri due affreschi laterali, opere di Pompeo Randi e commissionati dal parroco Mattia Dubrovich, raffiguravano la Trasfigurazione di Gesù e l’Ascensione al Cielo.
L’altare della navata di sinistra fu eseguita da P. Palese ed è dedicato a S. Rocco mentre all’interno del coro si nota un quadro raffigurante la Beata Vergine della Salute donato da Pietro Kandler e collocato originariamente nella Cappella Rossetti in via Nuova (poi Mazzini); la navata laterale destra presenta due altari, uno dedicato alla Madonna del Rosario, sovrastata da una pala di Edoardo de Heinrich raffigurante la Vergine col Bambino, Sant’Antonio Taumaturgo e San Vincenzo Ferreri; l’altro altare è dedicato a San Nicolò e la pala rappresentante il Santo è uno dei dipinti dì maggior interesse della chiesa. Fu eseguita dal pittore viennese Johann Till senior (1800-1889). Il dipinto venne donato dall’arciduca Ferdinando Massimiliano nel 1855 quando era comandante della flotta austriaca a Trieste. Raffigura il Santo vescovo di Mira in atto di impetrare dalla Beata Vergine la salvezza di alcuni marinai la cui nave sta naufragando nel mare in tempesta.

Nella chiesa di San Giacomo sono conservate altre interessanti opere come, ad esempio, un busto della Madonna in marmo di Carrara dello scultore Francesco Bosa e una “via crucis”. C’è ancora una serie di 14 quadri raffiguranti santi del pittore triestino Giovanni Luigi Rose e già facenti parte di un gruppo di 17 quadretti. Quindici di questi (uno è oggi perduto, due sono relativamente recenti) erano nelle nicchie dei paliotti marmorei appartenenti ai tre altari laterali; altri due stavano invece sopra un quarto altare posto nella navata di sinistra e ora demolito. Proveniva dalla chiesa di S.M. Maggiore e venne donato alla chiesa di San Giacomo da Giovanni Battista Silverio, recava una pala opera di Natale Schiavoni rappresentante Gesù nell’orto che tuttora si conserva. Venne trasferito nella chiesa di San Giacomo allorché, nel 1853, Pasquale Revoltella fece erigere un nuovo altare nella navata destra dell’ex chiesa dei Gesui ti, di S. M. Maggiore.

Nel 1848 venne autorizzato l’acquisto del terreno delle autorità municipali, allora Podestà Muzio de Tommasini. Il progetto venne affidato all’architetto e ingegnere comunale Giuseppe Sforzi (1801-1883), all’epoca molto attivo con la costruzione di numerosi edifici cittadini. L’edificazione iniziò il 1849 ad opera del costruttore Innocenzo Turrini. Negli scavi per la realizzazione delle fondamenta emersero numerosi reperti romani. La pietra memoriale venne benedetta e sotterrata solennemente il 27 luglio 1851, sul posto dove nell’area doveva essere eretto l’altare maggiore, a lavori molto avanzati.
La notte del 22 febbraio 1852, una forte Bora fece crollare le impalcature e creò forti danni a tutto il cantiere. Si studiarono nuove soluzioni tecniche; vennero rinforzate le navate laterali e costruiti degli archivolti rinforzati con spranghe di ferro che collegarono le colonne ai muri laterali.
I lavori si conclusero nel 1854 e venne consacrata il 25 luglio 1854 dal vescovo Bartolomeo Legat e dedicata alla Beata Vergine, a San Giacomo e a San Servolo.
L’intitolazione a San Giacomo voleva ricordare una cappella esistente in zona, di proprietà della famiglia Giuliani , allora dedicata ai Santi Rocco e Giacomo.
Custodisce pregevoli opere d’arte. Importanti lavori di restauro sono stati eseguiti nel 1954/1955 per il centenario della chiesa e nel maggio 2004, per i suoi centocinquant’anni.

“San Giacomo” (Jacopo o Iacopo Betsaida) di Zebedeo, detto anche Giacomo il «Maggiore», secondo quanto riportato nel Nuovo Testamento fu uno dei dodici apostoli di Gesù. Viene chiamato il «Maggiore» per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo detto «Minore».
Figlio di Zebedeo e di Salome, era il fratello dell’apostolo Giovanni. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Dopo la morte di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di Gerusalemme e si narra di un improbabile viaggio in Spagna al fine di diffondere il Vangelo. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa attorno all’anno 44. (g.c.)