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Pianta del complesso della Villa Romana di Barcola
In età romana l’occupazione del territorio si attua attraverso il moltiplicarsi di ville urbano-rustiche che utilizzano le risorse locali e avviano delle attività economiche. La presenza romana è maggiormente collocata lungo la costa, in relazione con i commerci, resi sempre più intensi dalla continua espansione di Aquileia. Nella zona costiera fino a Sistiana, specialmente nei siti dove si trovavano approdi per le navi, sono stati rinvenuti numerosi resti romani, appartenenti anche a ville rustiche, probabilmente in relazione con l’attività estrattiva della pietra. Nel territorio carsico, più ci si allontana dal mare, più i resti di vasellame (anfore e vasi di uso domestico) si fanno scarsi e sono riconducibili ad attività agricole e pastorali. Nel caso di ville affacciate o vicine al mare, le indagini archeologiche hanno portato alla luce piccoli porticcioli annessi, i quali consentivano i trasporti marittimi. Tale sistema, estensibile almeno fino a Sistiana e in molte località costiere dell’Istria, rivela la presenza di una organizzazione produttiva e ricchi traffici.
Veduta di Barcola di fine Ottocento da Forte Kressich. Civici Musei di Storia ed Arte
Anche la riviera di Barcola attrasse l’attenzione dei romani per la posizione incantevole, e per il fatto che nell’ampia insenatura a riparo dai venti il mare è più quieto, consentendo l’attracco delle navi. La chiamarono Vallicula poiché si estendeva in un avvallamento, poi il nome si contrasse in Valcula.
Fondo di proprietà di Enrico de Ritter-Zahony
Nell’autunno del 1887, a Barcola, all’altezza del porticciolo del Cedas, durante gli scavi per la realizzazione di un canale o di un muro di cinta lungo il confine con il terreno appartenente alla famiglia Artelli che conduceva alla fabbrica di ghiaccio di proprietà del cav. de Ritter, vennero alla luce dei mosaici che rivelarono i resti di un complesso romano risalente al I°-II° sec. a.C.
Immagine storica degli scavi. Civici Musei di Storia ed Arte
Il Prof. Alberto Puschi, allora direttore del Civico Museo di Antichità, venne incaricato di eseguire dei saggi nel fondo di proprietà di Enrico de Ritter-Zahony. La prima campagna di scavi ebbe luogo dall’aprile 1888 al 4 maggio 1889 grazie a contributi pubblici e privati. Alessandro Cesare mise a disposizione lo stabilimento balneare Excelsior, da utilizzare quale primo deposito dei reperti, il Lloyd fornì il legname necessario per i lavori, la ditta Naschitz la tela che sarebbe servita per la copertura dei mosaici. Molti furono coloro che offrirono il proprio lavoro gratuitamente. Vennero alla luce i resti di edifici che allora sembrarono separati – si giunse poi alla conclusione che si tratta di un’unico complesso, una grande villa romana che si estendeva su una superficie di oltre quattromila metri quadrati, con un fronte a mare di 140 metri. L’edificio, disposto su più terrazze, era composto da numerosi ambienti residenziali e di servizio: un peristilio, impianti termali, un’esedra, una palestra, un giardino e un ninfeo. La grandezza del complesso, la ricchezza delle decorazioni e dei mosaici, indica che la villa apparteneva a personaggi di alto rango.
Fondo di proprietà della famiglia Artelli
La scoperta indusse a proseguire le ricerche negli anni successivi (1888-1889; 1890-1891) individuando una notevole documentazione epigrafica. Vennero rinvenute diverse monete le quali furono d’aiuto per una datazione più precisa del sito.
Si suppose che il complesso doveva risultare dalla fusione di due ville, costruite in tempi successivi: quella a monte, con mosaici di pregevole fattura, risalente al primo secolo; la seconda villa, più vasta della prima, a emiciclo panoramico, forse adibita a residenza estiva, del secondo o terzo secolo. Durante gli scavi effettuati tra il 1888 e il 1889, venne rinvenuta una statua marmorea, rovesciata a terra e spezzata in più parti, che probabilmente era collocata nel complesso della palestra. Il ritrovamento valse al complesso il nome di “Villa della Statua”.
Statua marmorea di Villa della Statua, Diadúmenos di Policleto. Foto E.Marcovich
La scultura in marmo greco, di ottimo livello qualitativo, alta 1,24 m. è una replica del Diadúmenos di Policleto (scultore greco del V sec. a.C.). Il soggetto (in greco Diadúmenos, cioè “che si cinge la fronte con la benda della vittoria”), rappresenta un giovane atleta appoggiato sulla gamba destra, la sinistra flessa e portata in avanti, molto in voga nel mondo greco e romano per le numerose repliche giunte fino ai giorni nostri. Si compone di varie parti tenute assieme con dei perni di ferro, le cui tracce sono ancora visibili: sul retro della gamba destra si conserva una porzione del sostegno originale.
Nel Lapidario Tergestino del Castello di San Giusto (visitabile tutti i giorni), sono esposti i resti lapidei provenienti dall’area capitolina, dagli edifici sacri, dal Teatro e dalle necropoli. Nella Sala D trovano collocazione la maggior parte dei mosaici provenienti dalla villa di Barcola e la statua del Diadúmenos.
(g.c.)
Bibliografia di riferimento:
A. Puschi, Edificio romano scoperto nella villa di Barcola. Relazione degli scavi eseguiti per cura del Civico Museo di Antichità negli anni 1888 e 1889, “Archeografo Triestino” 21, 1896-7;
Federica Fontana, La villa romana di Barcola. A proposito delle villae maritimae della Regio X, Roma, 1993;
Fabio Zubini, Barcola, (Le ville romane). Trieste 1995;
Rita Auriemma e Snježana Karinja (a cura di): Terre di Mare, L’archeologia dei paesaggi costieri e le variazioni climatiche. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Trieste, 2008;
Giulia Mian, L’atleta della villa di Barcola, (Terre di Mare, Atti del Convegno Internazionale di Studi). Trieste, 2008;
Castello di San Giusto – Lapidario Tergestino
La Villa Romana di Barcola – Lapidario Tergestino