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Giorno: 19 Novembre 2016
Marcello Dudovich (Trieste, 1878 – Milano, 1962). Pubblicitario e pittore.
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Marcello Dudovich (Trieste, 1878 – Milano, 1962). Pubblicitario e pittore.
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Marcello Dudovich (Trieste, 1878 – Milano, 1962).
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Dudovich Marcello (Trieste, 1878 – Milano, 1962).
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Crali Tullio (Igalo 1910 – Milano 2000).
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Crali Tullio (Igalo 1910 - Milano 2000), Autoritratto futurista
Album dedicato all’artista
Fino all’età di dodici anni visse a Zara, per stabilirsi dal 1922 con la famiglia a Gorizia, dove frequenterà l’Istituto Tecnico. Già in quegli anni aderirà al Futurismo, movimento al quale rimarrà legato per tutta la vita.
A Trieste nel 1931 incontrò Marinetti per la prima volta, col quale strinse un rapporto di amicizia.
Le sue opere, firmate con lo pseudonimo di “Balzo Fiamma”, saranno ispirate da Balla, Boccioni e Prampolini. Nel 1929, entrò di fatto nel Movimento Futurista, realizzando opere a tema aereo, cosmico e architetture futuriste.
Espose a Trieste, Padova, Roma, Milano, e a Parigi alla Prima Esposizione Aeropittori Futuristi Italiani. Presenziò a diverse edizioni della Quadriennale romana e della Biennale di Venezia. Tra il 1950 e il 1958 visse a Parigi, dal 1962 al 1966 in Egitto. Rientrato in Italia si stabilì a Milano dove continuò ad operare sempre fedele ai temi del passato.
Crali Tullio (Igalo 1910 – Milano 2000).
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Crali Tullio (Igalo 1910 - Milano 2000).
Album dedicato all’artista
Fino all’età di dodici anni visse a Zara, per stabilirsi dal 1922 con la famiglia a Gorizia, dove frequenterà l’Istituto Tecnico. Già in quegli anni aderirà al Futurismo, movimento al quale rimarrà legato per tutta la vita.
A Trieste nel 1931 incontrò Marinetti per la prima volta, col quale strinse un rapporto di amicizia.
Le sue opere, firmate con lo pseudonimo di “Balzo Fiamma”, saranno ispirate da Balla, Boccioni e Prampolini. Nel 1929, entrò di fatto nel Movimento Futurista, realizzando opere a tema aereo, cosmico e architetture futuriste.
Espose a Trieste, Padova, Roma, Milano, e a Parigi alla Prima Esposizione Aeropittori Futuristi Italiani. Presenziò a diverse edizioni della Quadriennale romana e della Biennale di Venezia. Tra il 1950 e il 1958 visse a Parigi, dal 1962 al 1966 in Egitto. Rientrato in Italia si stabilì a Milano dove continuò ad operare sempre fedele ai temi del passato.
Crali Tullio (Igalo, 1910 – Milano, 2000).
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Crali Tullio (Igalo 1910 - Milano 2000).
Album dedicato all’artista
Fino all’età di dodici anni visse a Zara, per stabilirsi dal 1922 con la famiglia a Gorizia, dove frequenterà l’Istituto Tecnico. Già in quegli anni aderirà al Futurismo, movimento al quale rimarrà legato per tutta la vita.
A Trieste nel 1931 incontrò Marinetti per la prima volta, col quale strinse un rapporto di amicizia.
Le sue opere, firmate con lo pseudonimo di “Balzo Fiamma”, saranno ispirate da Balla, Boccioni e Prampolini. Nel 1929, entrò di fatto nel Movimento Futurista, realizzando opere a tema aereo, cosmico e architetture futuriste.
Espose a Trieste, Padova, Roma, Milano, e a Parigi alla Prima Esposizione Aeropittori Futuristi Italiani. Presenziò a diverse edizioni della Quadriennale romana e della Biennale di Venezia. Tra il 1950 e il 1958 visse a Parigi, dal 1962 al 1966 in Egitto. Rientrato in Italia si stabilì a Milano dove continuò ad operare sempre fedele ai temi del passato.
Crali Tullio (Igalo 1910 – Milano 2000).
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Crali Tullio (Igalo 1910 - Milano 2000).
Album dedicato all’artista
Fino all’età di dodici anni visse a Zara, per stabilirsi dal 1922 con la famiglia a Gorizia, dove frequenterà l’Istituto Tecnico. Già in quegli anni aderirà al Futurismo, movimento al quale rimarrà legato per tutta la vita.
A Trieste nel 1931 incontrò Marinetti per la prima volta, col quale strinse un rapporto di amicizia.
Le sue opere, firmate con lo pseudonimo di “Balzo Fiamma”, saranno ispirate da Balla, Boccioni e Prampolini. Nel 1929, entrò di fatto nel Movimento Futurista, realizzando opere a tema aereo, cosmico e architetture futuriste.
Espose a Trieste, Padova, Roma, Milano, e a Parigi alla Prima Esposizione Aeropittori Futuristi Italiani. Presenziò a diverse edizioni della Quadriennale romana e della Biennale di Venezia. Tra il 1950 e il 1958 visse a Parigi, dal 1962 al 1966 in Egitto. Rientrato in Italia si stabilì a Milano dove continuò ad operare sempre fedele ai temi del passato.
Gino De Finetti ( Pisino d’Istria, 1877 – Gorizia, 1955) Pittore, cartellonista, vignettista.
De Finetti Gino, cartellone pubblicitario 1938. Collezione Modiano
Album dedicato all’artista
Figlio dell’ingegnere Giambattista, di antica famiglia di Gradisca, e di Anna Radaelli, padovana, nacque a Pisino d’Istria il 9 agosto 1877. mentre il padre sovrintendeva alla costruzione della ferrovia di Pola. La professione patema condusse in seguito la famiglia a Tarvisio, Vienna, Gorizia, Innsbruck e, dal 1884, a Trieste. Qui il D., che aveva mostrato fin da bambino propensione per il disegno, frequentò ginnasio e liceo, esercitandosi nel contempo nell’illustrazione e nei disegni satirici. Cominciò anche a frequentare lo studio dei pittori E. Scomparini e A. Zuccaro. Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 33 (1987), di Maddalena Malni Pascoletti (collaboratore e cartellonista alla Modiano). (post di A. Spizzamiglio)
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Giorgio Carmelich (Trieste 1907 – Bad Nauheim 1929).
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Giorgio Carmelich (Trieste 1907 – Bad Nauheim 1929).
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930),"Gabbiani sul golfo di Trieste", 1908, olio su tela, cm. 65 x 90. Collezione privata.
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930), "Trieste di notte" (Notte d'aprile),1909, olio su tela. Udine, Civici Musei.
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930), "Autoritratto", 1920, olio su cartone. Eredi Cambon
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930), "Portorose di sera", 1909, olio su tela. Collezione privata
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). "Trieste di notte",1929, olio su compensato. Collezione privata.
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore.
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). "Trieste di notte",1929, olio su compensato. Collezione privata.
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Pittore
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Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930). Veduta di Trieste. Cartolina della serie "La collana della regina" 1916 ca. Edizioni d'Arte Bestetti e Tumminelli, Milano.
Album dedicato all’artista
Giovan Battista Glauco Cambon nasce a Trieste, il 13 agosto 1875, da Elisa Tagliapietra, dedita alla poesia, e da Luigi, avvocato e dirigente del partito Liberal-Nazionale, autore del romanzo storico “Marco Ranfo” e fondatore, nel 1894, assieme al genero Costantino Doria, della loggia massonica “Alpi Giulie” e dell’omonima rivista. Nella villa di famiglia, sul colle di San Luigi, i coniugi Cambon ogni mercoledì sera aprivano le porte all’intellettualità triestina; un’iniziativa che divenne un punto di riferimento per poeti e letterati triestini, ma anche per illustri personaggi di passaggio, quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Giacosa e Giosuè Carducci.
Glauco cresce quindi in un ambiente pregno di intensa attività artistica e culturale. Nel 1891, dopo aver interrotto gli studi nella città natia, lascia Trieste per iscriversi all’Accademia di Monaco di Baviera e contemporaneamente frequenterà la scuola privata di Knirr. In questo ambiente, meta di molti artisti triestini, Cambon assorbe il simbolismo classicheggiante di Böcklin e la pittura secessionista di Franz von Stuck. La sua prima opera documentata, “Il portatore di cero”, risale al 1889; nel 1893 espone a Trieste, presso Schollian, negozio d’arte in Via del Ponterosso, il “Ritratto di Attilio Hortis”. L’anno successivo riceve una menzione d’onore all’ Accademia di Monaco, con il dipinto “Il cieco e la musica”. Nel 1894 è ancora a Trieste con un ritratto e una figura allegorica, quest’ultima premiata a Monaco in un’esposizione dell’anno seguente. Nel 1896, terminato il pensionato romano vinto con il concorso Rittmeyer, rientra a Trieste, e nel 1897 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Venezia con due ritratti a pastello. Sempre nel 1897 è anche presente all’ Esposizione di Belle Arti al Circolo Artistico di Trieste. Dal 1901 soggiorna a Roma, dove partecipa alle esposizioni Amatori e Cultori di Belle Arti del 1902 e 1903. Nel 1906 espone a Milano e partecipa alla mostra d’apertura della Permanente di Trieste. Dal 1907 al 1908 espone a Venezia, Vicenza, Torino, Pisino e Parigi. Nel 1910 è presente a Monaco di Baviera, alla IX Esposizione Internazionale di Venezia, all’ Esposizione di Arezzo, alla Provinciale Istriana di Capodistria e all’ Esposizione di caricature alla Permanente di Trieste.
Nel 1911 è all’Esposizione Internazionale di Roma. Partecipa anche al concorso per i dipinti decorativi della Cassa di Risparmio di Trieste. Ancora a Venezia nel 1912 alla X Esposizione Internazionale e a Napoli all’Esposizione d’Arte Giovanile.
Il 1913 lo vede in Dalmazia. A Zara, presso la biblioteca Paravia, allestisce una personale. Espone al Palazzo di Vetro di Monaco di Baviera, quindi alla “Collettiva” Bevilacqua, alla Masa di Venezia e alla II Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.
Nel 1915 presenzia all’ Esposizione Internazionale di San Francisco (USA) e alla Mostra di Guerra alla Permanente di Milano, dove si trasferisce dopo la chiamata alle armi del suo contingente nelle file dell’esercito austroungarico.
Nel 1917 si reca in Toscana, ospite del conte Spannocchi nei castelli di Lucignano e Modanella; espone alla IV Mostra Internazionale della “Secessione” a Roma.
Dopo la Liberazione di Trieste, nel 1919, tiene una personale presso l’Albergo Savoia; partecipa inoltre alla Nazionale di Belle Arti a Torino e alla III Mostra della Federazione Artistica Lombarda a Milano. Da questo momento sarà presenza assidua alle Esposizioni di Venezia e Milano. Nel 1923 sposa la pittrice milanese Gilda Pansiotti, allieva di Ambrogio Alciati. Nel 1924 è alla prima Esposizione Biennale del Circolo Artistico di Trieste. Entra in rapporti di amicizia con Italo Svevo. Nel 1927, assieme ai pittori Barison, Bergagna, Croatto, Flumiani, Grimani, Lucano, Orell, Sambo, Zangrando, De Carolis, Beppe Ciardi e Nomellini, partecipa alla decorazione della motonave “Vulcania”.
Nel 1929 è ricoverato in clinica a Regoledo (Como), dove continua la sua produzione artistica.
Nel 1930 si reca a Biella per allestire una mostra personale. Vi muore il 7 marzo.
Bison Giuseppe Bernardino (Palmanova 1762 – Milano 1844). Pittore
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Barison Giuseppe (Trieste 1853 – 1931). Pittore.
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Barison Giuseppe (Trieste 1853 – 1931). Autoritratto
Adolfo Levier (Trieste 1873 – 1953), pittore
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Adolfo Levier (Trieste 1873 – 1953).
Castelletto rosso, post 1940
Album sull’artista
Egli nacque a Trieste nel 1873 e i cognomi dei suoi genitori parlano delle discusse origini (Levi il padre e Pakiz la madre).
Il padre ostacolò la sua passione di dipingere e dopo anni di studi condotti in modo ribelle, alla morte del genitore (era un commerciante), affittò due stanze in Acquedotto nella casa in cui abitava Giovanni Zangrando: fu proprio da lui che a ventisei anni prese le prime lezioni di pittura e fu sollecitato a recarsi a Monaco, viaggio che intraprese immediatamente senza pensarci su due volte. Frequentò pochissimo l’Accademia e preferì pagare lezioni private a Heinrich Knirr un ritrattista del quale si sono perse molte tracce; pur non soddisfatto, Levier desunse dal tedesco certa suggestione della pittura nordica. Knirr trattò pure scene di genere, paesaggi e nature morte e presso il suo studio, nello stesso periodo, sostò anche Paul Klee…
Levier debuttò nella città bavarese nel 1900 (o 1901?) e fu nominato socio della Secession: bruciò le tappe e fu presto considerato uno dei migliori ritrattisti “tedeschi” nell’opera poderosa del “Meister Archiv” dove fu associato a Lembach, Kaulbach, von Keller e von Stuck. Inquieto, curioso e benestante si trasferì a Parigi fin dal 1903 per rimanervi quasi undici anni: abitò al Boulevard Montparnasse e in seguito in Rue Jacob nel Quartiere Latino. Qui per certo conobbe lo scultore Rodin e venne a contatto con le opere di Cezanne, Matisse, Roualt e Dufy (pittori che predilesse) e di altri post impressionisti che imparò a conoscere nella Galleria di Durant Rouent.
Nel 1905 la sua fama era già notevole e in quell’anno espose alla Secession di Vienna (si era pure recato a Berlino per soddisfare le esigenze di alcuni facoltosi committenti), di nuovo alla Secession di Monaco, alla VI Biennale d’Arte a Venezia dove portò il ritratto del pittore Otto von Gutenegg e il famosissimo Mimì e zar che furono esposte accanto ad Un giorno di festa in Bretagna di Charles Cottet e al Salone d’Automne di Parigi.
Continuò a partecipare a Mostre importanti: nel 1906 fu presente a Pittsburg, nel 1907 alla VII Biennale Veneziana con Ritratto di Madame Boileau e Signora di lusso, l’anno seguente a Roma e nuovamente alla Biennale nel 1910 (Padiglione della Baviera accanto a Knirr, Hummel, Otto Reiniger, Franz Stuck nel quale presentò una Marina ), a Parigi nel 1913 e ad Amsterdam, Francoforte e Rotterdam.
I timori dello scoppio della prima guerra mondiale allontanarono Levier dalla capitale francese (1911) ed egli soggiornò per parecchio tempo prima a Zurigo, poi a Milano.
Nel 1918 ritornò a Trieste e vi rimase senza interruzioni degne di nota, fino alla morte; continuò tuttavia ad inviare sue opere ad importanti rassegne e vanno almeno segnalate le partecipazioni del 1923 a Ca’ Pesaro, quella del 1923 a Milano, la XIV Biennale Veneziana, la Mostra Internazionale di Barcellona del 1928.
Dopo un’entusiasmante mostra del 1932 presso la Galerie Billiet – Pierre Vorms a Parigi, le sue Case di Trieste con un altro dipinto vennero acquistate dal signor Dezarrois direttore del Museo del Lussemburgo e ora fanno parte delle ricche collezioni del Centre George Pompidou. Fu ancora a Udine dove ebbe un riconoscimento nel 1933, a Firenze (I Mostra Nazionale del Sindacato Belle Arti, a Pola, alla XIX e Biennale Veneziana del 1934 e a quella del 1935 per il quarantennale, a Milano presso la Galleria Gianferrari nel 1938 e a Ca’ Pesaro nel 1943. Nello stesso anno della sua scomparsa una mostra retrospettiva ricordò la sua intensa attività; nel 1954 fu allestita una Mostra postuma presso la Galleria Trieste e alcuni dipinti furono presenti alla XXVII Biennale.
Nel 1956 un’altra mostra postuma fu presentata a Milano dov’era assai conosciuto, presso il Centro Artistico san Babila. Moltissimi coloro che si sono interessati alla sua notevole produzione in Italia e all’estero, ricche le note critiche espresse nei suoi confronti in vari periodi, diverse le schede e gli studi recenti in varie pubblicazioni: Simbolismo Secessione (Gorizia 1992), Punti di Vista (1994), Pittura triestina tra ‘800 e ‘900 nelle Collezioni del Museo Revoltella (1999) Va senz’altro segnalata la tesi di laurea in Storia dell’Arte intitolata Adolfo Levier che venne portata a compimento nell’anno accademico 1986/1987 dalla dott.ssa Paola Tamborini: essa risulta lo studio più completo svolto sull’artista e non è stata pubblicata.
Fu una delle ultime tesi proposte dal professor Gioseffi prima di lasciare l’Istituto universitario che dirigeva. Nel 1951 l’illustre cattedratico così scrisse di Levier:
”Egli è dovunque nella propria opera, anche se in nessuna tela egli abbia infuso tanto del proprio spirito, da farne il capolavoro assoluto: E’ una esuberante tempra di creatore, un temperamento sanguigno; e si sente fratello dei Renoir, dei Mestrovich, dei Rodin, dei Roualt: di quei maestri che hanno prodotto molto e che hanno preferito peccare per mancanza di misura che per troppa povertà.”
Un pittore discusso.
Nella capitale delle Baviera il triestino venne a contatto con l’impressionismo di Max Liebermann e con i dipinti di Kokoschka; del secondo, in particolare modo, ammirò la forza espressiva. I suoi ritratti di questo primo periodo tendono tuttavia a nobilitare l’eleganza dei suoi soggetti nel movimento del corpo, a renderli somiglianti nel portamento, ma seguono le mode e si adeguano al gusto tedesco. Il triestino fu suggestionato dalle forti linee di contorno e le mantenne a lungo, anche negli anni post parigini, per caratterizzare figure, ma anche altri soggetti. Con il colore più scuro voleva ‘bloccare’ le folgoranti energie degli altri pigmenti?
Pochi i tocchi audaci, le accensioni cromatiche, timidi i colori stesi preferibilmente a paste larghe. E’ datato 1902 il ritratto più volte esposto dello scultore Alfonso Canciani (che gli fu amico), ma sono assai meno noti quelli più tardi che eseguì ai pittori Nathan (1923), allo stesso Canciani (1924), a Parin (opera esposta in una personale da Michelazzi nel 1933), a Hermann Lamb (1933), a Mascherini, a Campitelli, a Meng, al noto professor de Tuoni e chissà a quanti altri ancora. Nel 1923 Canciani eseguì un busto di Levier che fu acquistato una decina di anni dopo dal Museo Revoltella di Trieste e oggi fa parte delle collezioni.
Parigi segnò la svolta decisiva della sua vita di pittore; differentemente da Veruda egli, a Montparnasse, abbandonò matite e carboncini, disegnò direttamente sulla tela con i colori puri (cosa che fece poi per tutta la vita!) senza mescolarli, senza velarli per mantenere le tinte più lucenti e aggressive, i toni accesi.
Fece tesoro degli insegnamenti degli impressionisti, trovò punti di contatto con l’arte popolare, sveltì la sua azione, divenne ‘stenografico’, ardito e fin violento. Diceva che con i colori non si deve aver mai paura, che si deve osare. La pittura mobile, vibrante, (quasi una musica!) e priva di pentimenti di Raoul Dufy lo esaltò: ammirò gli accostamenti arditi dei colori fondamentali nelle sue vedute, le case rosse nelle inquadrature semplificate, le corse di cavalli ad Ascot e a Deauville (dov’era stato anche Carlo Wostry), le bagnanti e i fari atlantici.
Tornato in riva all’Adriatico ascoltò indifferente, con nobile distacco, le voci della critica quando divenne protagonista (suo malgrado!?) di “un caso”; irrispettoso delle ‘regole’, moderno, spregiudicato, fauve, non abbandonò mai quella sua nuova pittura (per lui rilassante come la scherma che praticava!), completamente diversa dalle lezione monacense e conquistata a fatica, liberatoria per il suo spirito.
Sopportò parole severe, più tardi qualcuno (Giulio Montenero) pose arguto accento sulla sua ‘umanità casalinga’ e sul ‘francese in dialetto’ che egli aveva introdotto nella tradizione dell’arte figurativa locale, ma Levier trovò pure molti estimatori: a Trieste dipinse i caffè, le dinamiche balere, i giardini alberati e i luoghi amati (Barcola, Roiano, Muggia); a Venezia vedute mai banali. Questi soggetti sono oggi assai più ricercati dei ritratti (numerosissimi) e segnano inevitabilmente il mutamento di gusto dei collezionisti. Levier portò pure a compimento diversi autoritratti, nature morte e raramente affrontò i temi dell’arte sacra.
Fu validissimo acquerellista (tecnica che gli fu congeniale per la velocità di esecuzione) e non disdegnò prendere qualche spunto dalle fotografie per dipingere.
L’ultima sua tela fu un paesaggio scarno, verdissimo, con un grande albero nel mezzo”.
Walter Abrami