Ciceria con la neve, 2001

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Ciceria con la neve nel 2001. Foto e post di Sandro Alfa


CICERIA o Cicceria – La Cicceria (o Terra dei Cicci o Monti della Vena), terra d’origine degli Istrorumeni, è una regione montuosa storica compresa tra la Slovenia e la Croazia, e costituisce una parte del Carso.
Può essere considerata una subregione dell’Istria, della quale occupa la porzione nord-orientale. Comprende la fascia che va da Erpelle-Cosina a Fiume. Tuttavia, la Ciceria vera e propria è più ristretta, poiché la parte settentrionale appartiene alla Savrinia, e il Castelnovano e la zona montuosa carsica orientale alla Berchinia.
La regione si presenta abbastanza uniforme dal punto di vista dell’orogenesi, con montagne che superano di poco i 1.000 metri. Capoluogo può essere considerata Lanischie.
L’altopiano raggiunge la maggiore altitudine con il Monte Maggiore (1.396 m), a nord dal Carso Triestino e dalla valle della Rosandra, il quale è anche il monte più alto dell’Istria. La parte nord dell’altopiano è in Slovenia, mentre la parte centro-meridionale è in Croazia.
L’autunno è il periodo ideale per ammirare gli spettacolari colori delle foglie autunnali frequentando le zone con presenza di macchie di arbusti su cui, fra tutti domina lo scotano.


TRIESTE – Veduta della nuova stazione Transalpina di Campo Marzio – 1910 circa

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Post di Mario Tamburlini

Stazione di Campo Marzio (già Triest Staatsbahnhof, già Sant’Andrea)

Nel 1887, le Ferrovie di Stato austriache aprirono a Trieste una seconda stazione, la Trieste-Erpelle denominata Trieste Sant’Andrea, raccordata con un binario (linea delle Rive) alla stazione Centrale (Meridionale). La linea faceva servizio per Pola e Rovigno. Con l’apertura della ferrovia Transalpina nel 1906, la stazione di Sant’Andrea venne ricostruita, assumendo la denominazione di Trieste stazione dello Stato (Triest Staatsbahnhof). L’edificio, costruito tra il 1901 e il 1906, su progetto dell’architetto Robert Seelig, venne designato quale capolinea della linea Jesenice-Trieste, e rientrava nel complesso della Transalpina, che congiungeva Trieste, tramite diramazioni, anche con Vienna e Salisburgo.
Alla fine della prima guerra mondiale, in seguito alle ripartizioni territoriali conseguenti al Trattato di Saint Germain, la stazione entrò a far parte delle strutture gestite dalle Ferrovie dello Stato italiane (FS). Nel 1923 la stazione di Trieste Sant’Andrea fu rinominata Trieste Campo Marzio.
Nel 1935 la stazione perse il traffico per Parenzo in seguito alla soppressione della ferrovia, mentre rimase attivo il collegamento verso Erpelle-Cosina e Pola, e un limitato servizio sulla Transalpina, per Gorizia Montesanto. Alla fine seconda guerra mondiale venne soppresso il servizio viaggiatori sulla Transalpina, con l’unica eccezione per Erpelle-Cosina, fino a Sant’Elia. Nel 1958, a causa del scarso utilizzo, il servizio venne sostituito da autocorriere. Fino al 1960 rimase attiva la biglietteria e la sala di attesa. Il 28 agosto 1961, venne decretata la soppressione definitiva del servizio ferroviario e nel 1966 la linea venne smantellata. La stazione continuò ad essere utilizzata per il traffico merci, tramite il collegamento della linea di cintura con la stazione centrale.
Dopo un lungo abbandono un gruppo di volontari richiese l’uso di una parte del fabbricato e in seguito costituì il Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio, la cui apertura al pubblico risale all’8 marzo 1984.

Vipacco/Vipava: due rarissimi sarcofagi egizi provenienti dalla piramide di Kefren

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Vipacco/Vipava: nel piccolo cimitero si trovano due rarissimi sarcofagi egizi provenienti dalla piramide di Kefren nella piana di Giza e qui fatti portare da sir Anton Lavrin, figlio di un ricchissimo proprietario terriero della vallata, che dopo il 1834 fu console d’Austria in Egitto. I mastodontici sarcofagi destinati alla sua sepoltura nel paese natale, dopo il lungo viaggio in nave da Alessandria verso Trieste affrontarono un impervio percorso sul Carso trainati da una coppia di buoi. Il console fu invece sepolto in un ossario comune di Milano, dove morì nel 1869, così i preziosi sarcofagi vennero destinati alle spoglie dei suoi genitori e del figlio morto a soli 7 anni. (Foto da Staroegipčanskasarkofaga). Post di Gabriella Amstici.

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Personaggio a dir poco singolare, Anton Lavrin nasce il 21 gennaio 1789 a Vipava da famiglia contadina benestante. Dopo il liceo classico a Gorizia, studia teologia a Lubiana e successivamente giurisprudenza a Vienna, laureandosi nel 1816. Ottenuto un lavoro presso il Ministero del Commercio, per la sua conoscenza delle lingue, nel 1822 divenne amministratore consolare a Palermo, Napoli e Messina. Nel 1828, Console Generale d’Austria a Palermo; nel 1834 Console Generale d’Austria in Egitto, con dimora ad Alessandria. Nel 1841, intervenne abilmente in una disputa tra il sultano turco Mehmed II e il viceré egiziano Mohammed Ali, tanto che l’imperatore austriaco Ferdinando I gli conferì l’Ordine della Corona Ferrea di 3° classe e il titolo di cavaliere. Durante il suo servizio in Egitto aiutò i cristiani che vivevano a Gerusalemme, dove Lavrin si recava spesso; per questo papa Gregorio XVI lo insignì del titolo Dignitarius terrae sanctae (Dignità della Terra Santa). Lavrin era anche un appassionato studioso e collezionista di antichi monumenti egizi. Scrisse alcune relazioni su scavi e ritrovamenti e divenne membro degli istituti archeologici di Roma e Atene; membro onorario della Società dei Musei di Lubiana.Inviò gran parte della sua collezione egizia all’arciduca Massimiliano d’Austria per il suo castello di Miramare (anche la sfinge). Alla morte di Lavrin, molti dei reperti furono successivamente inviati al Museo di Storia dell’Arte di Vienna.Nel 1849 fu richiamato dall’Egitto e trasferito a Bucarest. Divenne poi consigliere ministeriale a Vienna nel 1854, dove rimase fino al pensionamento nel 1858. Per motivi di salute si trasferì a Milano, dove morì il 12 giugno 1869 e ivi venne sepolto. I due sarcofagi egizi in granito rosso, scoperti a Giza, di cui ne esistono solo sei al mondo, risalgono al 2450 a.C. circa. Lavrin ne tenne due per sé; dei quattro rimanenti uno è stato inviato al Cairo ed è oggi esposto (senza coperchio) nel cortile del Museo della città; uno è stato portato in Prussia e attualmente si trova a Hildesheim; uno è conservato al British Museum di Londra e infine, l’ultimo si trova al Museo Egizio di Torino. g.c. (Bibliografia di riferimento: Enciklopedija Slovenije; knjiga 6, Mladinska knjiga, Ljubljana, 1992)

I preziosi Celadon del Museo orientale

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bacile celadon con decoro di foglie e onde stilizzate ( foto EM)

Una vetrina laterale della sala cinese del Museo orientale ( primo piano) presenta tre vasi di ceramica detta Celadon, di cui questo è il più antico. Risale alla dinastia Song “Durante la dinastia Sung – come scrivevano un tempo -( 960 – 1279 d.C. ) il successo della produzione della ceramica fu la colorazione di nero della merce ed il più spettacolare dei monocromi, il Celadon del nord dal tipico colore verde oliva.

I Cinesi non avevano ancora messo a punto la produzione della loro porcellana, ma questa ceramica  ne costituisce un precedente. Ancora adesso in Cina creano e vendono oggetti in questo colore e  questo stile.

Celadon è il nome attribuito a queste ceramiche dai Francesi, dal nome di un personaggio letterario.  Il colore ricordava la più preziosa giada, il disegno è inciso prima dell’invetriatura e cottura. Questo dovrebbe essere il vaso più antico del museo.

I tre vasi sono stati acquisiti negli anni Ottanta dell’ottocento da  Carlo Battistella e donati al Museo

Bibliografia: Crusvar Il civico museo d’arte orientale di Trieste Trieste, Rotary Club 2002