Trieste : Faro della Vittoria

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


Trieste - Faro della Vittoria

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

Please follow and like us:

Trieste : Faro della Vittoria

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


Trieste - Faro della Vittoria

 

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

Please follow and like us:

Trieste : Il Castello di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Trieste: Il Castello di San Giusto

Sulla sommità del colle di San Giusto svetta il castello, la cui costruzione iniziò nel 1470, per volere dell’imperatore Federico III, con risoluzione del 20 maggio, su rovine di più antiche fortificazioni. Venne concluso nel 1630. Già nel 1363 erano state gettate le prime fondamenta del castello e nel 1369 i veneziani avevano dato l’incarico di proseguire i lavori a Goro e Giacomo da Medicina, su progetto degli architetti Lorenzo e Giacomo da Medoni, e nel 1371 ad Allegrino da Verona. 

A quei tempi il colle di S. Giusto veniva chiamato monte Tiber o Taber e nella parte più alta portava nel Trecento la denominazione Gabbro, mentre il castello era chiamato Castrum Sancti Iusti o Castrum Caborii (di Caboro) o ancora castrum superius in contrapposizione al castrum inferius o castello Amarina eretto dai veneziani tra il 1375 e il 1378 sulla riva del mare fra le torri Beccaria, Pescheria e Fradela. Nel 1382 il castello fu restaurato dopo l’occupazione dei soldati del conte Ugone VI di Duino. (Zubini 2006).

Il Castello occupa una superficie di circa mq 12.000 con un perimetro di 700 metri.

Un ponte levatoio consente l’accesso ad un cortiletto dove si viene accolti da due statue di zinco fuso, raffiguranti due paggi, due automi che si trovavano sulla torre del nuovo palazzo municipale di Trieste, progetto dell’architetto Bruni.

Gli automi, disposti ai lati di una campana, sopra l’orologio comunale, grazie a braccia articolate regolate da un meccanismo ad orologeria, sollevavano un martello che batteva le ore. Ideati dal Bruni, gli automi vennero realizzati nel giugno 1875 dallo scultore Fausto Asteo (1840 – 1901) presso le  fonderie  dei  fratelli de Poli di Ceneda e collocati sulla torre nei giorni 5 e 7 gennaio 1876.

Entrarono in funzione il 14 gennaio alle ore 12. I triestini li soprannominarono Michez e Jachez (o Mikez e Jakez) (Michele e Giacomo), due famosi giudici della città. A seguito dei danni arrecati dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni del meccanismo, vennero sostituiti il 3 novembre 1972, assieme alla campana, con delle copie realizzate in bronzo dalla fonderia Brustolin e dalla fonderia Cavadini, entrambe di Verona. 

Alla loro destra, una scala consente la salita al bastione Rotondo, da cui si può godere una piacevole vista sulla città.

Sui muri del cortile d’ingresso si trovano appesi vari stemmi di famiglie nobili triestine, tra cui quello delle tredici casate. 

Attualmente nel castello ci sono cinque cannoni, portati nel 1936: tre colubrine, provenienti dal castello di Moccò e due petrere, che sparavano palle di pietra, forse provenienti da Rozzo. Gli antichi nomi di questi cannoni sono: Basilisco, Iraddidio, Rompitutto, Scacciadiavoli e Sputafuoco.

Pianta del castello e le sue fasi costruttive. Rete Civica del Comune di Trieste

Il castello di San Giusto, di forma triangolare, ha tre bastioni: il già citato bastione Rotondo o Veneziano (1508); il bastione Lalio, detto anche di San Giusto (1553-1561) e il bastione Fiorito o Pomis (1630).

Pianta del castello e le sue fasi costruttive. Rete Civica del Comune di Trieste

Il Melone di San Giusto

Subito dopo l’ingresso si incontra la Cappella dedicata a San Giorgio, risalente al 1471. Un grande Crocifisso di legno con la figura del Cristo è posto dietro l’altare e sulla sinistra la statua lignea di San Giovanni Evangelista (arte friulana del XIV sec.). In chiave di volta ha incisa la data e le lettere A.E.I.O.U., un acronimo sovente utilizzato dai sovrani della Casa d’Asburgo per contrassegnare edifici e luoghi di culto, che si prestano a varie interpretazioni, quali: “Austriae Est Imperare Orbi Universo” (l’Austria è destinata a regnare su tutto il mondo); Austriae Est Imperatrix Omnis Universi (l’Austria è imperatrice di tutto il mondo); “Alles Erdreich Ist Öesterreich Untertan” (ogni territorio è sottomesso all’Austria); “Austriae Erit In Orbe Ultima” (l’Austria è destinata ad essere l’ultimo degli stati a perire). Oltre a queste, sono state avanzate diverse altre interpretazioni: Austriae Est Imperio Optime Unita (l’Austria è un impero ottimamente unito); Augustus Est Iustitiae Optimus Vindex (l’imperatore è il migliore esecutore della giustizia).

Nell’Ottocento divenne d’uso lo slogan anti-tedesco: Austria Erit Imperio Orbata Undique (da ogni parte l’Austria sarà privata del suo impero).

L’imperatore Federico III, noto per la sua inclinazione alle formulazioni legate al mito e che sembra essere stato il promotore dell’acronimo, non ne esplicitò mai il vero significato.

Al primo piano si entra nella Sala Caprin o Sala Veneta alle pareti cinque arazzi con scene di caccia e i busti in legno di due Dogi; al secondo piano: l’armeria con una ricca raccolta di armi dal XII al XIX sec. e l’appartamento del Capitano” che è la parte più antica (1470-71).

Dal cortiletto, superato l’arco del corpo di guardia, si entra nel Cortile delle Milizie.

Il Castello, dopo essere stato residenza dei capitani (podestà) imperiali sino alla fine del 1700, diventò poi caserma e nel 1930 passò in proprietà al Comune.

All’interno del Cortile delle Milizie, nella parte più bassa di quello che oggi è l’Orto Lapidario, c’era un tempo anche un giardino, chiamato Lustgarten (parco).

Il castello disponeva di prigioni e venivano eseguite sentenze capitali. 

Nel 1750 il conte Nicolò Hamilton (1715-1769), arrivato a Trieste l’anno precedente, stabilì la propria dimora a palazzo Marenzi e assunse la carica di supremo intendente commerciale. La carica di Capitano imperiale venne abolita definitivamente. All’interno del Castello, nella Casa del Capitano si può ammirare una ricca raccolta d’armi provenienti da collezioni private, confluite ai Civici Musei già dalla fine dell’Ottocento.

Il castello venne fatto restaurare dall’imperatore Massimiliano I (Wiener Neustadt, 1459 – Wels, 1519),  e successivamente nel 1583 ai tempi di Ferdinando I (Alcalá de Henares, 1503 – Vienna, 1564).

Nel 1518, il Consiglio dei Patrizi sollecitò la continuazione delle opere incompiute del castello e i lavori, approvati dal Podestà, vennero affidati all’architetto triestino Girolamo Decio.
Tra il 1553 e il 1561, ci furono nuovi ampliamenti ad opera degli architetti Francesco del Pozzo e Domenico de Lalio, da cui prenderà il nome un bastione. Nel 1615 l’architetto Pietro de Pomis (1569-1633) da Lodi iniziò la parte finale del castello, il Bastione Fiorito, terminato nel 1630.

La notte del 9 luglio 1690, a seguito di un fulmine, la santa Barbara del castello esplose provocando gravi danni al fortilizio, alla cattedrale e a molte case.

Nel cortile delle Milizie una lapide sul selciato indica il posto dove esisteva il deposito delle polveri.

Dal 29 luglio 1750, venne disposto che nel Castello rimassero soltanto dei cannonieri con l’incarico di sparare delle salve per salutare le navi che entravano in porto, o per particolari eventi. Dal 1830 divenne uso che nel caso di incendi in città, si sparassero convenzionalmente delle salve di cannone ad intervalli di due minuti. Il numero dei colpi determinava la zona della città colpita: uno al di là del Ponte Rosso; due se prima del Ponte Rosso e tre se era colpita la città vecchia.

Tra il 1933 e il 1935 nel castello vennero effettuati dei lavori di restauro, si costituì un Museo e la Civica Armeria, e l’apertura al pubblico vide un’affluenza di 300.000 persone. La serata del 7 agosto 1936 vide il primo spettacolo sinfonico, con Rosetta Pampanini e Giovanni Voyer.
Durante la seconda guerra mondiale, il castello, utilizzato anche come caserma, venne danneggiato da alcune bombe. Tra il 1967 e il 1969 vennero rifatti il palcoscenico e la platea del Cortile.

Il Castello è sede del Lapidario Tergestino, suggestivo museo di materiali lapidei romani, tutti rinvenuti nella città e già esposti fin dalla metà dell’Ottocento nel giardino dell’Orto Lapidario. La visita del Lapidario tergestino è compresa nel biglietto unico che consente l’ingresso al Castello e al Civico Museo del Castello di San Giusto-Armeria.

Il 1 ottobre 2016  è stato inaugurato l’AIM – Alinari Image Museum che trova sede al Bastione fiorito del Castello.
Un museo innovativo che si articola in tre principali sezioni: tradizionale, interattiva e tridimensionale.

(g.c.)

Bibliografia di riferimento:

Fabio Zubini, Cittavecchia. Trieste, 2006

Rete Civica del Comune di Trieste: Castello di San Giusto, La Storia. 

 

Please follow and like us:

Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, Leone in pietra

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo. Foto E. Marcovich

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto : Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto : Leone in pietra

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 
Castello di San Giusto, Leone posto sul muretto della rampa che porta al Bastione Rotondo

Scultura in pietra raffigurante un leone accovacciato, proveniente dal fondo Rossmann, donazione del 1924 da parte del conte Brunner Muratti. Nato probabilmente con funzioni architettoniche\decorative, sembra di origine medievale.

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, la campana di Michez e Jachez

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Castello di San Giusto, la campana di Michez e Jachez

Un ponte levatoio consente l’accesso ad un piccolo cortile dove si viene accolti da due statue di zinco fuso raffiguranti due paggi, due automi che si trovavano sulla torre del nuovo palazzo municipale di Trieste, progetto dell’architetto Bruni. Gli automi, disposti ai lati di una campana, sopra l’orologio comunale, grazie a braccia articolate regolate da un meccanismo ad orologeria, sollevavano un martello che batteva le ore. Ideati dal Bruni, gli automi vennero realizzati nel giugno 1875 dallo scultore Fausto Asteo (1840 – 1901) presso le  fonderie  dei  fratelli de Poli di Ceneda e collocati sulla torre nei giorni 5 e 7 gennaio 1876. Entrarono in funzione il 14 gennaio alle ore 12. I triestini li soprannominarono Michez e Jachez (o Mikez e Jakez) (Michele e Giacomo), due famosi giudici della città. A seguito dei danni arrecati dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni del meccanismo, vennero sostituiti il 3 novembre 1972, assieme alla campana, da copie realizzate in bronzo dalla fonderia Brustolin e dalla fonderia Cavadini, entrambe di Verona. (g.c.)

Please follow and like us:

Castello di San Giusto, Michez e Jachez

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Castello di San Giusto, Michez e Jachez

Un ponte levatoio consente l’accesso ad un piccolo cortile dove si viene accolti da due statue di zinco fuso raffiguranti due paggi, due automi che si trovavano sulla torre del nuovo palazzo municipale di Trieste, progetto dell’architetto Bruni. Gli automi, disposti ai lati di una campana, sopra l’orologio comunale, grazie a braccia articolate regolate da un meccanismo ad orologeria, sollevavano un martello che batteva le ore. Ideati dal Bruni, gli automi vennero realizzati nel giugno 1875 dallo scultore Fausto Asteo (1840 – 1901) presso le  fonderie  dei  fratelli de Poli di Ceneda e collocati sulla torre nei giorni 5 e 7 gennaio 1876. Entrarono in funzione il 14 gennaio alle ore 12. I triestini li soprannominarono Michez e Jachez (o Mikez e Jakez) (Michele e Giacomo), due famosi giudici della città. A seguito dei danni arrecati dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni del meccanismo, vennero sostituiti il 3 novembre 1972, assieme alla campana, da copie realizzate in bronzo dalla fonderia Brustolin e dalla fonderia Cavadini, entrambe di Verona. (g.c.)

Please follow and like us:

Castello di San Giusto : Michez e Jachez

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Castello di San Giusto, Michez e Jachez

Un ponte levatoio consente l’accesso ad un piccolo cortile dove si viene accolti da due statue di zinco fuso raffiguranti due paggi, due automi che si trovavano sulla torre del nuovo palazzo municipale di Trieste, progetto dell’architetto Bruni. Gli automi, disposti ai lati di una campana, sopra l’orologio comunale, grazie a braccia articolate regolate da un meccanismo ad orologeria, sollevavano un martello che batteva le ore. Ideati dal Bruni, gli automi vennero realizzati nel giugno 1875 dallo scultore Fausto Asteo (1840 – 1901) presso le  fonderie  dei  fratelli de Poli di Ceneda e collocati sulla torre nei giorni 5 e 7 gennaio 1876. Entrarono in funzione il 14 gennaio alle ore 12. I triestini li soprannominarono Michez e Jachez (o Mikez e Jakez) (Michele e Giacomo), due famosi giudici della città. A seguito dei danni arrecati dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni del meccanismo, vennero sostituiti il 3 novembre 1972, assieme alla campana, da copie realizzate in bronzo dalla fonderia Brustolin e dalla fonderia Cavadini, entrambe di Verona. (g.c.)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Trieste : Cattedrale di San Giusto

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Cappella del tesoro di san Giusto : breviario tergestino aquileiese, XV secolo

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi





Cappella del tesoro di san Giusto: breviario tergestino aquileiese, XV secolo, codice membranaceo con numerose miniature. L'immagine al centro è un san Giusto giovane. Il breviario prova che, fino al Concilio di Trento in cui venne fissata la messa cosiddetta di san Pio V, si seguiva una tradizione liturgica aquileiese nella variante tergestina. Il codice è stato esposto pure nella mostra sul Medioevo a Trieste
Foto Elisabetta Marcovich

 

La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Please follow and like us:

Cattedrale di San Giusto – gli stipiti del portale

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


Cattedrale di San Giusto - gli stipiti del portale, composti dalle due metà di una grande stele funeraria romana con busti della gens Barbia. L'ultimo, in basso a destra (nella foto a sinistra), venne trasformato in un S. Sergio con aureola e alabarda

 

Bibliografia di riferimento:

Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 1992;

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.
Please follow and like us:

Cattedrale di San Giusto – ingresso principale

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto - ingresso principale con stipiti composti dalle due metà di una grande stele funeraria romana con busti della gens Barbia. L'ultimo, in basso a destra, venne trasformato in un S. Sergio con aureola e alabarda

 


Bibliografia di riferimento:

Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 1992;

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.
Please follow and like us:

Cattedrale di San Giusto: edicola con la statua di S. Giusto sopra la porta d’ingresso del campanile

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cattedrale di San Giusto: edicola con la statua di S.Giusto sopra la porta d'ingresso del campanile. Il santo patrono ha nella mano destra la palma del martirio e con la sinistra regge il modello della città: nel cornicione sono raffigurati trofei militari

 

Collocata sopra l’entrata deI campanile di San Giusto, racchiusa in un’edicola gotica, si trova una statua di San Giusto di datazione incerta, stimata dal X all’XI secolo. Il santo è raffigurato nell’atto di reggere in una mano i simboli di Trieste e nell’altra la palma del martirio. Da un esame più attento l’attaccatura del collo risulta asimmetrica e le proporzioni fra testa e busto non coincidono. La testa del martire è quindi di un’origine diversa e non appartiene al resto della statua.

San Giusto, martire

Giusto viveva ad Aquileia ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano e avrebbe subito il martirio nel 290 o nel 303 per non aver voluto abiurare la fede cristiana a favore degli dei di Roma. Il prefetto Mannaccio, nel tentativo di piegarne la volontà lo sottopose ad atroci tormenti, fino alla condanna a morte. Uomo di grande penitenza e di larga generosità, cristiano fin dall’infanzia “grazie ai miei genitori”, dalla narrazione del suo martirio (Passio), documento inserito negli Acta sanctorum come testo derivante dagli atti ufficiali del processo. Secondo alcune fonti, Giusto sarebbe stato un sacerdote cristiano.
Venne buttato in mare davanti a Trieste, legato a dei massi che lo trascinarono a fondo. Il corpo del martire, liberatosi dal cordame, riemerse finendo su una spiaggia – ritrovato da alcuni fedeli cristiani gli venne data sepoltura nelle vicinanze. 

Una prima basilica, risalente al V-VI secolo, sorse fuori le mura, presumibilmente vicino alla riva dove, secondo la narrazione del martirio, fu sepolto il corpo di Giusto restituito dal mare: la basilica martiriale in via Madonna del Mare. A navata unica e a pianta di croce, costruita in zona cimiteriale, secondo l’uso del mondo cristiano antico di basiliche che accolgono reliquie e tombe di martiri.

Quando nel V secolo, sul colle si costruisce una basilica cristiana, i resti del martire vi saranno trasferiti. 

Colle di San Giusto.
La chiesa a lui dedicata sul Colle verrà fusa nel XIII secolo con quella adiacente, dedicata all’Assunta, dando luogo alla nuova cattedrale di Trieste, che sarà intitolata a suo nome. 

Bibliografia di riferimento:

Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 
Fabio Zubini, Cittavecchia. Trieste, 2006;
A.Halupca - L. Veronese, Trieste nascosta. Trieste, 2006.
Please follow and like us:

San Giusto : Meridiana del 1918 a ricordo dell’annessione di Trento e Trieste

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 

Meridiana del 1918 a ricordo dell'annessione di Trento e Trieste da parte delle truppe italiane

 


Bibliografia di riferimento:

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Please follow and like us:

Colle di San Giusto : Ara in onore della Terza Armata (1929)

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


 


Ara in onore della Terza Armata (1929)

Bibliografia di riferimento:

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Please follow and like us:

Colle di San Giusto : Colonna dell’Aquila

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi




Colonna del 1560 (chiamata colonna dell'Aquila perché sopra vi era un'aquila imperiale): dal 1844 sorregge un globo di pietra e l'alabarda simbolo della città


Bibliografia di riferimento:

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Please follow and like us:

Colle di San Giusto: Cappella di San Michele al Carnale (XIII sec.)

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cappella di San Michele al Carnale (XIII sec.)

 

A destra della Cattedrale di San Giusto si trova la Cappella di San Michele Arcangelo, con facciata in arenaria sormontata da un campaniletto che sorregge una campana del 1487. La Cappella, risalente agli inizi del XIII secolo, nel corso del tempo ha subito diversi interventi di restauro. E’ meglio conosciuta come “San Michele al Carnale” perché fino all’inizio del secolo scorso fungeva da cappella funeraria del cimitero adiacente e da ossario comune. Sul lato sinistro si aprono tre fori ad imbuto attraverso i quali si sarebbero fatte precipitare le ossa dei morti nella cripta sotto la cappella. La cripta presenta tre volte sorrette da due arcate che poggiano su colonne con capitelli romani e con al centro un piccolo altare di pietra.  (g.c.)


Bibliografia di riferimento:

 Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 1992;

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Please follow and like us:

Cappella di San Michele al Carnale (XIII sec.)

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cappella di San Michele al Carnale (XIII sec.) i tre fori ad imbuto dai quali si facevano precipitare le ossa dei morti nella cripta

 

A destra della Cattedrale di San Giusto si trova la Cappella di San Michele Arcangelo, con facciata in arenaria sormontata da un campaniletto che sorregge una campana del 1487. La Cappella, risalente agli inizi del XIII secolo, nel corso del tempo ha subito diversi interventi di restauro. E’ meglio conosciuta come “San Michele al Carnale” perché fino all’inizio del secolo scorso fungeva da cappella funeraria del cimitero adiacente e da ossario comune. Sul lato sinistro si aprono tre fori ad imbuto attraverso i quali si sarebbero fatte precipitare le ossa dei morti nella cripta sotto la cappella. La cripta presenta tre volte sorrette da due arcate che poggiano su colonne con capitelli romani e con al centro un piccolo altare di pietra.  (g.c.)


Bibliografia di riferimento:

Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 1992;

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.
Please follow and like us:

Trieste, Colle di San Giusto: Cappella di San Michele al Carnale

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Cappella di San Michele al Carnale (XIII sec.)

 

A destra della Cattedrale di San Giusto si trova la Cappella di San Michele Arcangelo, con facciata in arenaria sormontata da un campaniletto che sorregge una campana del 1487. La Cappella, risalente agli inizi del XIII secolo, nel corso del tempo ha subito diversi interventi di restauro. E’ meglio conosciuta come “San Michele al Carnale” perché fino all’inizio del secolo scorso fungeva da cappella funeraria del cimitero adiacente e da ossario comune. Sul lato sinistro si aprono tre fori ad imbuto attraverso i quali si sarebbero fatte precipitare le ossa dei morti nella cripta sotto la cappella. La cripta presenta tre volte sorrette da due arcate che poggiano su colonne con capitelli romani e con al centro un piccolo altare di pietra.  (g.c.)


Bibliografia di riferimento:

 Giuseppe Cuscito, Le Chiese di Trieste. Trieste, 1992;

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Please follow and like us:

Reliquario d’argento (sec. XIII), con le reliquie di S. Giusto – Tesoro della Cattedrale

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Urna d'argento (sec. XIII), con le reliquie di S. Giusto. Tesoro della Cattedrale


Il reliquario (cm 41,3 x 22 x 21,6) che presenta delle fasce di girali fronzuti con grappoli d’uva eseguiti a sbalzo in lamina d’argento, e due Crocifissi sui lati minori di cui uno è ancora visibile, venne rinvenuto nel 1624 sotto l’altare del santo, dal vescovo Rinaldo Scarlichio. Le fonti riportano che il vescovo Rodolfo Pedrazzani (1302-1320) aveva deposto le ossa di san Giusto in una custodia d’argento all’interno di un antico sarcofago. Il ritrovamento fu di tale risonanza che lo stesso anno venne realizzato un altare d’argento, successivamente venduto e sostituito dal vescovo Giovanni Francesco Müller attorno al 1710/20 con uno di marmo. Dal 1856 quest’ultimo altare si trova nella chiesa di Trebiciano. Il 31 ottobre 1859 il reliquario d’argento venne collocato nel nuovo altare, opera dell’architetto Bernardi, e lì rimase fino al 1928, per l’avvenuta demolizione dello stesso. L’urna venne quindi trasferita nella cappella del Tesoro dove si trova tuttora. (g.c.)

Please follow and like us:

La Villa Romana di Barcola

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Pianta del complesso della Villa Romana di Barcola


In età romana l’occupazione del territorio si attua attraverso il moltiplicarsi di ville urbano-rustiche che utilizzano le risorse locali e avviano delle attività economiche. La presenza romana è maggiormente collocata lungo la costa, in relazione con i commerci, resi sempre più intensi dalla continua espansione di Aquileia. Nella zona costiera fino a Sistiana, specialmente nei siti dove si trovavano approdi per le navi, sono stati rinvenuti numerosi resti romani, appartenenti anche a ville rustiche, probabilmente in relazione con l’attività estrattiva della pietra. Nel territorio carsico, più ci si allontana dal mare, più i resti di vasellame (anfore e vasi di uso domestico) si fanno scarsi e sono riconducibili ad attività agricole e pastorali. Nel caso di ville affacciate o vicine al mare, le indagini archeologiche hanno portato alla luce piccoli porticcioli annessi, i quali consentivano i trasporti marittimi. Tale sistema, estensibile almeno fino a Sistiana e in molte località costiere dell’Istria, rivela la presenza di una organizzazione produttiva e ricchi traffici.

Veduta di Barcola di fine Ottocento da Forte Kressich. Civici Musei di Storia ed Arte

Anche la riviera di Barcola attrasse l’attenzione dei romani per la posizione incantevole, e per il fatto che nell’ampia insenatura a riparo dai venti il mare è più quieto, consentendo l’attracco delle navi. La chiamarono Vallicula poiché si estendeva in un avvallamento, poi il nome si contrasse in Valcula. 

Fondo di proprietà di Enrico de Ritter-Zahony

Nell’autunno del 1887, a Barcola, all’altezza del porticciolo del Cedas, durante gli scavi per la realizzazione di un canale o di un muro di cinta lungo il confine con il terreno appartenente alla famiglia Artelli che conduceva alla fabbrica di ghiaccio di proprietà del cav. de Ritter, vennero alla luce dei mosaici che rivelarono i resti di un complesso romano risalente al I°-II° sec. a.C.          

Immagine storica degli scavi. Civici Musei di Storia ed Arte

Il Prof. Alberto Puschi, allora direttore del Civico Museo di Antichità, venne incaricato di eseguire dei saggi nel fondo di proprietà di Enrico de Ritter-Zahony. La prima campagna di scavi ebbe luogo dall’aprile 1888 al 4 maggio 1889 grazie a contributi pubblici e privati. Alessandro Cesare mise a disposizione lo stabilimento balneare Excelsior, da utilizzare quale primo deposito dei reperti, il Lloyd fornì il legname necessario per i lavori, la ditta Naschitz la tela che sarebbe servita per la copertura dei mosaici. Molti furono coloro che offrirono il proprio lavoro gratuitamente. Vennero alla luce i resti di edifici che allora sembrarono separati – si giunse poi alla conclusione che si tratta di un’unico complesso, una grande villa romana che si estendeva su una superficie di oltre quattromila metri quadrati, con un fronte a mare di 140 metri. L’edificio, disposto su più terrazze, era composto da numerosi ambienti residenziali e di servizio: un peristilio, impianti termali, un’esedra, una palestra, un giardino e un ninfeo. La grandezza del complesso, la ricchezza delle decorazioni e dei mosaici, indica che la villa apparteneva a personaggi di alto rango.

Fondo di proprietà della famiglia Artelli

La scoperta indusse a proseguire le ricerche negli anni successivi (1888-1889; 1890-1891) individuando una notevole documentazione epigrafica. Vennero rinvenute diverse monete le quali furono d’aiuto per una datazione più precisa del sito.

Si suppose che il complesso doveva risultare dalla fusione di due ville, costruite in tempi successivi: quella a monte, con mosaici di pregevole fattura, risalente al primo secolo; la seconda villa, più vasta della prima, a emiciclo panoramico, forse adibita a residenza estiva, del secondo o terzo secolo. Durante gli scavi effettuati tra il 1888 e il 1889, venne rinvenuta una statua marmorea, rovesciata a terra e spezzata in più parti, che probabilmente era collocata nel complesso della palestra. Il ritrovamento valse al complesso il nome di “Villa della Statua”. 


Statua marmorea di Villa della Statua, Diadúmenos di Policleto. Foto E.Marcovich

La scultura in marmo greco, di ottimo livello qualitativo, alta 1,24 m. è una replica del Diadúmenos di Policleto (scultore greco del V sec. a.C.). Il soggetto (in greco Diadúmenos, cioè “che si cinge la fronte con la benda della vittoria”), rappresenta un giovane atleta appoggiato sulla gamba destra, la sinistra flessa e portata in avanti, molto in voga nel mondo greco e romano per le numerose repliche giunte fino ai giorni nostri. Si compone di varie parti tenute assieme con dei perni di ferro, le cui tracce sono ancora visibili: sul retro della gamba destra si conserva una porzione del sostegno originale.

Nel Lapidario Tergestino del Castello di San Giusto (visitabile tutti i giorni), sono esposti i resti lapidei provenienti dall’area capitolina, dagli edifici sacri, dal Teatro e dalle necropoli. Nella Sala D trovano collocazione la maggior parte dei mosaici provenienti dalla villa di Barcola e la statua del Diadúmenos.

(g.c.)


Bibliografia di riferimento:

A. Puschi, Edificio romano scoperto nella villa di Barcola. Relazione degli scavi eseguiti per cura del Civico Museo di Antichità negli anni 1888 e 1889, “Archeografo Triestino” 21, 1896-7;

Federica Fontana, La villa romana di Barcola. A proposito delle villae maritimae della Regio X, Roma, 1993;

Fabio Zubini, Barcola, (Le ville romane). Trieste 1995;

Rita Auriemma e Snježana Karinja (a cura di): Terre di Mare, L’archeologia dei paesaggi costieri e le variazioni climatiche. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Trieste, 2008;

Giulia Mian, L’atleta della villa di Barcola, (Terre di Mare, Atti del Convegno Internazionale di Studi). Trieste, 2008;

Castello di San Giusto – Lapidario Tergestino

La Villa Romana di Barcola – Lapidario Tergestino

 

Please follow and like us:

Zona Sant’Andrea, ora via Romolo Gessi. Stazione Zoologica di Trieste dell’ Università di Vienna

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


Zona Sant'Andrea, ora via Romolo Gessi. Stazione Zoologica di Trieste dell' Università di Vienna
Nel 1876, in questa struttura, lavorò per una ricerca Sigmund Freud

 

Please follow and like us:

Zona Sant’Andrea da una fotografia del 1870

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi


Zona Sant'Andrea da una fotografia del 1870 - Collezione Dino Cafagna


1870: (probabilmente) la fotografia più vecchia della zona di San Andrea.
A sinistra l’inizio dell’attuale via Murat, a destra l’attuale Via Romolo Gessi. Al centro la Villa Gialuzzi (non ancora trasformata – nel 1875 – nella Stazione Geologica). A sinistra la casa del conte Vojnovich corrisponde all’attuale villa Segrè-Melzi di via G. Murat.

Please follow and like us:

Catalogo dell’Esposizione Agricolo – Industriale di Sant’Andrea – 1882

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Catalogo dell'Esposizione Agricolo - Industriale di Sant'Andrea - 1882 - Collezione‎ Iure Barac‎ 


Nel 1882 in occasione del quinto centenario della dedizione di Trieste all’Austria, il governo ebbe intenzione di organizzare un’importante Esposizione Agricolo-Industriale a Trieste. Erano gli anni dell’irredentismo italiano, in città si attivano le manifestazioni patriottiche. il Consiglio comunale per evitare attriti votò a favore dell’esposizione tra i fischi del pubblico presente.
Il podestà Riccardo Bazzoni rifiutò di presiedere il comitato organizzativo, ne assunse il patronato l’arciduca Carlo Ludovico, fratello dell’imperatore. La scelta del luogo cadde sul passeggio di Sant’Andrea, per avere a disposizione un’area più ampia fu necessario interrare un vasto tratto di fondo marino, venne costruita una sponda murata ed un moletto per l’attracco delle imbarcazioni. Il progetto del complesso fu elaborato dall’architetto Giovanni Berlam con la collaborazione del figlio Ruggero, dell’architetto Giovanni Righetti assistito da altri nomi importanti.
C’erano ventinove padiglioni, il principale in stile lombardesco aveva una lunghezza di 325 metri, in corrispondenza al moletto c’era il padiglione della Marina che ospitava la sezione della Bosnia. Fra i due si ergeva riccamente adornato il padiglione imperiale. Si susseguivano l’acquario, il padiglione croato, il ristorante Dreher e il caffè Pitschen. Non mancava una casermetta con le guardie. In posizione più elevata, si allineava l’esposizione agraria, il restaurant Reininghaus, il capannone del fioricoltore Perotti, l’esposizione ferriera, quella delle botti ed una csárda, ossia un’osteria ungherese. Occupava la scarpata un grande padiglione classicheggiante, che ospitava il museo orientale e quello di arti e mestieri. Sulla sinistra c’era il restaurant Pilsen ed il padiglione degli zuccheri mentre lungo l’attuale via Romolo Gessi, si trovavano i capannoni con il restaurant Schreiner, il Puntigam, l’osteria Canova, la cantina d’assaggio e in fondo il padiglione cementi e il caffè bosniaco. Il complesso era fornito di servizi igienici, chioschi per la vendita di tabacchi, giornali e fiori, il tutto illuminato da fanali a gas. Per passare agevolmente da uno all’altro dei ripiani, lungo le scarpate vennero aperti dei vialetti con piazzole dotate da panchine che possiamo vedere ancora oggi. Venne creata anche una grotta artificiale. I visitatori potevano arrivare con un servizio di giardiniere, con una regolare linea di tram a cavalli, oltre che con i vaporetti che attraccavano al moletto.
Dalle 250 persone invitate, molte rifiutarono di organizzare una mostra di prodotti triestini.
Il 1° agosto 1882 la manifestazione fu inaugurata alla presenza dell’arciduca Ludovico, tutta la città venne illuminata a festa, seguirono giorni di cerimonie ricevimenti e musiche. Nel contempo si moltiplicarono le sommosse e gli attentati, alcuni espositori non sentendosi sicuri volevano abbandonare l’esposizione, che comunque era poco frequentata. L’imperatore Francesco Giuseppe, con la consorte Elisabetta ed i principi ereditari, per favorire l’esposizione annunciarono la loro presenza. Fu preparata una grande accoglienza: con bande, case decorate, navi pavesate, archi trionfali, il giorno seguente l’imperatore era atteso a Sant’Andrea per una splendida festa d’accoglienza a bordo della Berenice, nave del barone Morpurgo, si sospettò di un attentato sulla stessa nave all’insaputa barone, non si seppe se le voci furono vere o meno, per sicurezza i sovrani non parteciparono. Le autorità erano allertate, sembrava che fossero poste bombe sulla strada ferrata, all’esposizione, nelle barche. L’imperatore se ne andò sdegnato per l’ostilità che gli venne dimostrata e non ritornò mai più nella nostra città.
Sunto tratto da “San Vito” di Fabio Zubini

Please follow and like us:

Catalogo dell’Esposizione Agricolo – Industriale di Sant’Andrea – 1882

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Catalogo dell'Esposizione Agricolo - Industriale di Sant'Andrea - 1882 - Collezione‎ Iure Barac‎ 


Nel 1882 in occasione del quinto centenario della dedizione di Trieste all’Austria, il governo ebbe intenzione di organizzare un’importante Esposizione Agricolo-Industriale a Trieste. Erano gli anni dell’irredentismo italiano, in città si attivano le manifestazioni patriottiche. il Consiglio comunale per evitare attriti votò a favore dell’esposizione tra i fischi del pubblico presente.
Il podestà Riccardo Bazzoni rifiutò di presiedere il comitato organizzativo, ne assunse il patronato l’arciduca Carlo Ludovico, fratello dell’imperatore. La scelta del luogo cadde sul passeggio di Sant’Andrea, per avere a disposizione un’area più ampia fu necessario interrare un vasto tratto di fondo marino, venne costruita una sponda murata ed un moletto per l’attracco delle imbarcazioni. Il progetto del complesso fu elaborato dall’architetto Giovanni Berlam con la collaborazione del figlio Ruggero, dell’architetto Giovanni Righetti assistito da altri nomi importanti.
C’erano ventinove padiglioni, il principale in stile lombardesco aveva una lunghezza di 325 metri, in corrispondenza al moletto c’era il padiglione della Marina che ospitava la sezione della Bosnia. Fra i due si ergeva riccamente adornato il padiglione imperiale. Si susseguivano l’acquario, il padiglione croato, il ristorante Dreher e il caffè Pitschen. Non mancava una casermetta con le guardie. In posizione più elevata, si allineava l’esposizione agraria, il restaurant Reininghaus, il capannone del fioricoltore Perotti, l’esposizione ferriera, quella delle botti ed una csárda, ossia un’osteria ungherese. Occupava la scarpata un grande padiglione classicheggiante, che ospitava il museo orientale e quello di arti e mestieri. Sulla sinistra c’era il restaurant Pilsen ed il padiglione degli zuccheri mentre lungo l’attuale via Romolo Gessi, si trovavano i capannoni con il restaurant Schreiner, il Puntigam, l’osteria Canova, la cantina d’assaggio e in fondo il padiglione cementi e il caffè bosniaco. Il complesso era fornito di servizi igienici, chioschi per la vendita di tabacchi, giornali e fiori, il tutto illuminato da fanali a gas. Per passare agevolmente da uno all’altro dei ripiani, lungo le scarpate vennero aperti dei vialetti con piazzole dotate da panchine che possiamo vedere ancora oggi. Venne creata anche una grotta artificiale. I visitatori potevano arrivare con un servizio di giardiniere, con una regolare linea di tram a cavalli, oltre che con i vaporetti che attraccavano al moletto.
Dalle 250 persone invitate, molte rifiutarono di organizzare una mostra di prodotti triestini.
Il 1° agosto 1882 la manifestazione fu inaugurata alla presenza dell’arciduca Ludovico, tutta la città venne illuminata a festa, seguirono giorni di cerimonie ricevimenti e musiche. Nel contempo si moltiplicarono le sommosse e gli attentati, alcuni espositori non sentendosi sicuri volevano abbandonare l’esposizione, che comunque era poco frequentata. L’imperatore Francesco Giuseppe, con la consorte Elisabetta ed i principi ereditari, per favorire l’esposizione annunciarono la loro presenza. Fu preparata una grande accoglienza: con bande, case decorate, navi pavesate, archi trionfali, il giorno seguente l’imperatore era atteso a Sant’Andrea per una splendida festa d’accoglienza a bordo della Berenice, nave del barone Morpurgo, si sospettò di un attentato sulla stessa nave all’insaputa barone, non si seppe se le voci furono vere o meno, per sicurezza i sovrani non parteciparono. Le autorità erano allertate, sembrava che fossero poste bombe sulla strada ferrata, all’esposizione, nelle barche. L’imperatore se ne andò sdegnato per l’ostilità che gli venne dimostrata e non ritornò mai più nella nostra città.
Sunto tratto da “San Vito” di Fabio Zubini

Please follow and like us:

Esposizione Agricolo-Industriale di Sant’Andrea – 1882

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Esposizione Agricolo - Industriale di Sant'Andrea - 1882 - Archivi MCSA


Nel 1882 in occasione del quinto centenario della dedizione di Trieste all’Austria, il governo ebbe intenzione di organizzare un’importante Esposizione Agricolo-Industriale a Trieste. Erano gli anni dell’irredentismo italiano, in città si attivano le manifestazioni patriottiche. il Consiglio comunale per evitare attriti votò a favore dell’esposizione tra i fischi del pubblico presente.
Il podestà Riccardo Bazzoni rifiutò di presiedere il comitato organizzativo, ne assunse il patronato l’arciduca Carlo Ludovico, fratello dell’imperatore. La scelta del luogo cadde sul passeggio di Sant’Andrea, per avere a disposizione un’area più ampia fu necessario interrare un vasto tratto di fondo marino, venne costruita una sponda murata ed un moletto per l’attracco delle imbarcazioni. Il progetto del complesso fu elaborato dall’architetto Giovanni Berlam con la collaborazione del figlio Ruggero, dell’architetto Giovanni Righetti assistito da altri nomi importanti.
C’erano ventinove padiglioni, il principale in stile lombardesco aveva una lunghezza di 325 metri, in corrispondenza al moletto c’era il padiglione della Marina che ospitava la sezione della Bosnia. Fra i due si ergeva riccamente adornato il padiglione imperiale. Si susseguivano l’acquario, il padiglione croato, il ristorante Dreher e il caffè Pitschen. Non mancava una casermetta con le guardie. In posizione più elevata, si allineava l’esposizione agraria, il restaurant Reininghaus, il capannone del fioricoltore Perotti, l’esposizione ferriera, quella delle botti ed una csárda, ossia un’osteria ungherese. Occupava la scarpata un grande padiglione classicheggiante, che ospitava il museo orientale e quello di arti e mestieri. Sulla sinistra c’era il restaurant Pilsen ed il padiglione degli zuccheri mentre lungo l’attuale via Romolo Gessi, si trovavano i capannoni con il restaurant Schreiner, il Puntigam, l’osteria Canova, la cantina d’assaggio e in fondo il padiglione cementi e il caffè bosniaco. Il complesso era fornito di servizi igienici, chioschi per la vendita di tabacchi, giornali e fiori, il tutto illuminato da fanali a gas. Per passare agevolmente da uno all’altro dei ripiani, lungo le scarpate vennero aperti dei vialetti con piazzole dotate da panchine che possiamo vedere ancora oggi. Venne creata anche una grotta artificiale. I visitatori potevano arrivare con un servizio di giardiniere, con una regolare linea di tram a cavalli, oltre che con i vaporetti che attraccavano al moletto.
Dalle 250 persone invitate, molte rifiutarono di organizzare una mostra di prodotti triestini.
Il 1° agosto 1882 la manifestazione fu inaugurata alla presenza dell’arciduca Ludovico, tutta la città venne illuminata a festa, seguirono giorni di cerimonie ricevimenti e musiche. Nel contempo si moltiplicarono le sommosse e gli attentati, alcuni espositori non sentendosi sicuri volevano abbandonare l’esposizione, che comunque era poco frequentata. L’imperatore Francesco Giuseppe, con la consorte Elisabetta ed i principi ereditari, per favorire l’esposizione annunciarono la loro presenza. Fu preparata una grande accoglienza: con bande, case decorate, navi pavesate, archi trionfali, il giorno seguente l’imperatore era atteso a Sant’Andrea per una splendida festa d’accoglienza a bordo della Berenice, nave del barone Morpurgo, si sospettò di un attentato sulla stessa nave all’insaputa barone, non si seppe se le voci furono vere o meno, per sicurezza i sovrani non parteciparono. Le autorità erano allertate, sembrava che fossero poste bombe sulla strada ferrata, all’esposizione, nelle barche. L’imperatore se ne andò sdegnato per l’ostilità che gli venne dimostrata e non ritornò mai più nella nostra città.
Sunto tratto da “San Vito” di Fabio Zubini

Please follow and like us:

Trieste : Via dell’Istria, con la nuova scuola media Bergamas, vista da largo Pestalozzi, 1958

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Via dell'Istria, con la nuova scuola media Bergamas, vista da largo Pestalozzi, 1958 - Foto collezione Dino Cafagna

Please follow and like us:

Trieste : Chiesa di Maria SS Ausiliatrice, via dell’Istria

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Chiesa di Maria SS Ausiliatrice via dell'Istria - Foto collezione Sergio Sergas


Nella foto si vede la chiesa ancora protetta dall’alto muro che la divideva dalla strada, da edificare la vicina scuola A.Bergmas costruita nel 1958, a destra in largo Pestalozzi, la scuola Slataper costruita nel 1896.
In ottobre del 1898 arrivò a trieste una Congregazione di Salesiani e aprirono un modesto oratorio in via dell’Istria, che presto si trasferì in una sede più ampia presa in affitto dal Comune; l’opera benefica fu importante per arginare la delinquenza giovanile. Nel 1909 il direttore dell’Oratorio, don Michelangelo Rubino ebbe una donazione dalla famiglia Jasbitz, che chiese di avere una tomba accanto una nuova chiesa. Con questo denaro fu possibile iniziare la costruzione della chiesa di Maria SS Ausiliatrice, sempre in via dell’Istria, la prima pietra venne posta dal vescovo Francesco Saverio Nagl, sul fianco destro della chiesa si scende in una piccola cripta dove è stata seppellita la famiglia Jasbitz. Nel novembre del 1910 venne inaugurata la chiesa inferiore, riservata all’oratorio; la chiesa superiore venne benedetta nel maggio del 1911. Per mancanza di fondi, fu costruito un piccolo campanile nella parte posteriore della chiesa. Si tratta di un edificio in stile gotico veneziano, progettato dall’architetto Cornelio Budinich. Una curiosità, nei capitelli del portale principale, opera dello scultore polesano Giovanni Zago, sono raffigurate le testine dei figli dell’architetto Budinich.
(M. Tauceri)

Please follow and like us:

Trieste : Largo del Pestalozzi

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Largo del Pestalozzi

La denominazione risale al 1908, probabilmente la scelta è dovuta alla presenza della scuola, infatti Johann Heinrich Pestalozzi nacque a Zurigo nel 1746 fu educatore e pedagogo e si dedicò alla ricerca dei principi per lo sviluppo dell’educazione dei giovani.
Questa immagine è molto nota, esiste una cartolina che fra i collezionisti è conosciuta con il nome di “cartolina del rullo”, infatti in primo piano è ripreso un rullo addetto alla preparazione del manto stradale.
In fondo la scuola “Civica Scuola Popolare di via dell’Istria”, inaugurata nel 1896 per sopperire alla mancanza di edifici scolastici che si ebbe nel 1869, quando l’obbligo d’istruzione venne innalzato al quattordicesimo anno d’età. Il progetto venne affidato a Cornelio Budinich.
Nel 1927 la scuola ampliata venne intitolata a Scipio Slataper, due anni dopo nello stesso edificio fu aperta la Scuola Elementare R.Timeus (oggi non più esistente) Distrutto quasi completamente durante i bombardamenti del 17 febbraio 1945, l’edificio fu ricostruito e restaurato nel 1947 ad opera del Public Works e sotto la direzione dell’architetto Rutter permettendo così la riapertura della scuola di lì a poco.
(M. Tauceri)

Please follow and like us:

Trieste: K.u.K. Infanterie Cadettenschule

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



K.u.K. Infanterie Cadettenschule - Foto collezione privata

L’ospedale sorto nel 1769 per volere di Maria Teresa in via del Torrente (odierna via Carducci), per ordine di Giuseppe II nel 1785 fu convertito in caserma.
La parte prospiciente l’attuale via Coroneo fu adibita ad ospedale militare e funzionò fino al 1868, poi venne trasferito nel nuovo Ospedale Militare appena concluso in via Fabio Severo, all’epoca denominata via Commerciale nuova o Strada nuova d’Opicina. Lo spazio fino ad allora occupato dall’ospedale, dal 1875 diventerà sede della Scuola dei Cadetti di Fanteria.
Le scuole per i cadetti erano (dette anche Kadettenanstalten ) facevano parte parte delle “istituzioni militari-educativi e didattici”. Essi avevano lo scopo di trasmettere ai loro allievi, oltre alla formazione generale quelli conoscenze teoriche che l’ ufficiale aveva bisogno di esercitare la sua professione.
(M. Tauceri)

Please follow and like us:

Trieste: Campo Marzio – Fabbrica pilatura riso

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Trieste: Campo Marzio Fabbrica pilatura riso

 

Zona attuale ex filiale Fiat. Opifici per il trattamento del risone che proveniva dalle Indie Inglesi. Poi per il troppo ed intenso lavoro la società decise di costruire nel 1913 la Pilatura di San Sabba.

Please follow and like us:

Trieste : Veduta del 1840

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Trieste: Veduta del 1840


Veduta del 1840. La riva arcuata è la Via del Mare (adesso luogo deI giardino di Piazza della Libertà, davanti alla Stazione Centrale). La villa coi cipressi fu della famiglia patrizia degli Argento, e poi del negoziante Trapp. Nella lunga tettoia si trovava la corderia Bozzini. La villa a sinistra, dal lato di Roiano appartenne allo scrittore triestino Antonio de’ Giuliani, che la fece erigere per sè alla fine del ‘700.

 

Please follow and like us:

Ristorante dello stabilimento balneare Excelsior

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Ristorante dello stabilimento balneare Excelsior - Foto collezione privata


Lo stabilimento balneare Excelsior, di proprietà della famiglia Cesare, sorse nel 1886, l’architetto Edoardo Tureck lo ampliò e lo dotò di diverse attrezzature. Negli anni successivi venne aperto un teatrino, un caffè concerto, un ristorante, divenne un ritrovo alla moda e molto frequentato. Nella gestione si alternarono diversi proprietari, nell’ultimo dopoguerra il bar e il ristorante furono gestiti dalla famiglia Burlo. All’inizio del secolo vennero stampati diversi volantini pubblicitari (alcuni allegati ai commenti). (M. Tauceri)

Please follow and like us:

Trieste: Stabilimento balneare Excelsior

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Stabilimento balneare Excelsior - Foto collezione privata


Lo stabilimento balneare Excelsior, di proprietà della famiglia Cesare, sorse nel 1886, l’architetto Edoardo Tureck lo ampliò e lo dotò di diverse attrezzature. Negli anni successivi venne aperto un teatrino, un caffè concerto, un ristorante, divenne un ritrovo alla moda e molto frequentato. Nella gestione si alternarono diversi proprietari, nell’ultimo dopoguerra il bar e il ristorante furono gestiti dalla famiglia Burlo. All’inizio del secolo vennero stampati diversi volantini pubblicitari (alcuni allegati ai commenti). (M. Tauceri)

Please follow and like us:

Via del Fortino, anni Venti. Da via di Cavana a via dei Fornelli

Per iscrivervi al Gruppo cliccate sull’immagine sottostante:

Gruppo Facebook Trieste di ieri e di oggi



Via del Fortino. Da via di Cavana a via dei Fornelli. 


Toponimo settecentesco suggerito dalla presenza di un «fortino d’artiglieria» posto lungo le mura cittadine, tra la torre della Pescheria e la porta di Cavana. Certamente tale posto fortificato venne perdendo assai presto le sue funzioni e non appare più menzionato nel Settecento, quindi ben prima dell’abbattimento delle mura. Gli edifici sul lato destro sono stati ristrutturati nel 1985-1988. (A. Trampus – Vie e Piazze di Trieste Moderna, 1989)

Please follow and like us: