Foto della vecchia Trieste molto conosciute

Anni fa il quotidiano locale il Piccolo regalò ai suoi lettori delle riproduzioni di fotografie della vecchia Trieste. Sono molto diffuse e riportate, le abbiamo raccolte in un Album che si può  anche vedere su facebook nel gruppo Trieste di ieri e di oggi https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.1048583658498557&type=3

Sono riportate le didascalie presenti nell’immagine, a volte generiche e in qualche caso imprecise

 

Trieste: Piazza Unità

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Piazza Unità d'Italia

Stampa di Rieger che ricostruisce di fantasia la Torre del Porto, coi due Mori all'orologio, la Madonna del porto sotto l'arco e a destra il Teatro san Pietro, prima sede del Comune, demolito. 

Piazza Unità d’Italia (già Piazza Unità, Piazza Grande o anche Piazza san Pietro o Piazza Francesco Giuseppe).

Piazza Unità d’Italia è la piazza principale della città, su cui fin dal Medioevo si affacciavano gli edifici pubblici comunali.

Per un periodo la piazza si chiamò San Pietro, dal nome di una chiesa ivi esistente fin dal XIV secolo e demolita nella seconda metà dell’Ottocento, ma era principalmente nota come Piazza Grande, anche per distinguerla dalla Piazza Piccola dietro l’antico palazzo del Comune. Durante la prima guerra mondiale, dal 1915 al 18 venne denominata Piazza Francesco Giuseppe, Con l’annessione di Trieste all’Italia, prese il nome di Piazza Unità, dal 1955 Piazza Unità d’Italia.

In origine la piazza era meno della metà di come si presenta oggi, delimitata dal Palazzo del Comune, chiusa dal lato verso il mare dalle mura e dalla Torre del Porto e si affacciava sull’antico porto detto Mandracchio: ai lati si alternavano diversi edifici ed al centro si trovava la Locanda Grande. I lavori ottocenteschi l’aprirono dal lato verso il mare, l’interramento del Mandracchio (1858-1863) ospitò per circa mezzo secolo un giardino ed i palazzi che l’attorniano vennero costruiti dal Settecento ai primi del Novecento.
La piazza ha assunto l’aspetto attuale dopo la ristrutturazione del 2001-2005, quando la pavimentazione in asfalto è stata sostituita con blocchi in pietra arenaria che vogliono ricordare i masegni che lastricavano anticamente la piazza; la fontana dei Quattro Continenti è stata riportata quasi nella sua posizione originaria, allineata all’ingresso principale del Municipio. Un sistema di illuminazione con led blu, nella pavimentazione lato mare, ricorda fin dove il mare arrivava dentro l’antico porticciolo.


I palazzi che si affacciano sulla piazza sono in senso orario dal lato mare:

Il palazzo della Luogotenenza austriaca (1905 – architetto Emil Artmann), ora sede della Prefettura, che era andato a sostituire una precedente sede della Luogotenenza.

Il palazzo Stratti (1839 – architetto Antonio Buttazzoni, neoclassico ma poi rimaneggiato), dove si trova anche il caffè degli Specchi, un storico caffè triestino. Sulla sommità del palazzo un gruppo scultoreo raffigura Trieste con allegorie di fortuna e progresso, in quanto fu una delle prime sedi delle Assicurazioni Generali.

Il palazzo Modello (1871 – architetto Giuseppe Bruni)

Il municipio, dalla particolare architettura per unificare edifici preesistenti (1875 – architetto Giuseppe Bruni); sulla torre municipale due automi bronzei fanno udire i loro rintocchi allo scoccare delle ore.

Il palazzo Pitteri (1780 – architetto Ulderico Moro); è il più antico palazzo di piazza Unità.

Il Grand Hotel Duchi d’Aosta (1873 – ingegner Eugenio Geiringer e architetto Giovanni Righetti);

Il palazzo della compagnia di navigazione Lloyd Austriaco di Navigazione, poi Lloyd Triestino, ed ora sede della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia (1884 – architetto Heinrich von Ferstel)


Altri manufatti in piazza:

Sul lato mare si trovano due pili portabandiera, donati nel 1932 dagli autieri della prima guerra mondiale, ove vengono effettuati gli alza e gli ammaina bandiera solenni.

La fontana dei Continenti del bergamasco Giovanni Battista Mazzoleni.
Tra il 1751 e il 1754 nell’allora piazza Grande si decise la costruzione di una fontana alimentata dal nuovo acquedotto teresiano, che doveva rappresentare Trieste come la città favorita dalla fortuna grazie all’istituzione del porto franco da parte di Carlo VI e delle politiche di sviluppo di Maria Teresa d’Austria.
Il mondo è rappresentato da quattro statue allegoriche che richiamano i tratti delle persone che vivevano nei continenti allora conosciuti (Europa, Asia, Africa e America).
L’acqua sgorgava da quattro figure allegoriche di fiumi, sempre ad indicare i continenti.
Sulla sommità della fontana sovrasta una figura femminile alata e a braccia aperte che rappresenta Trieste. Adagiata sulle rocce del Carso la statua è circondata da pacchi, balle di cotone e cordame.

Statua di Carlo VI
La statua di Carlo VI, del veneto Lorenzo Fanoli
A pochi metri a destra della fontana dei Quattro Continenti (avendo il mare alle spalle e osservando il municipio) una colonna in pietra bianca sorregge una statua di un imperatore. Essa è la colonna di Carlo VI d’Asburgo.
Figlio di Leopoldo I d’Austria (la cui statua si trova nell’attuale piazza della Borsa) e padre di Maria Teresa d’Austria, Carlo VI nel 1719 istituì il porto franco a Trieste, dando un notevole impulso al commercio e allo sviluppo cittadino.
La statua raffigura l’Imperatore in piedi che indica il mare, con il porto franco da lui istituito. (Elisabetta Marcovich)

Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso)

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Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso).

Il monumento in pietra bianca, realizzato dallo scultore Laforet, venne poi collocato in Piazza S. Giovanni e inaugurato Il 27 gennaio 1906, dove rimarrà fino al maggio 1915. Distrutto dalle rappresaglie che seguirono la dichiarazione italiana di guerra all’impero austroungarico, venne rifatto in bronzo nel 1926 dalla fonderia Savini e Ripamonti di Milano.

Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi

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Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso).

Il monumento in pietra bianca, realizzato dallo scultore Laforet, venne poi collocato in Piazza S. Giovanni e inaugurato Il 27 gennaio 1906, dove rimarrà fino al maggio 1915. Distrutto dalle rappresaglie che seguirono la dichiarazione italiana di guerra all’impero austroungarico, venne rifatto in bronzo nel 1926 dalla fonderia Savini e Ripamonti di Milano.

Ferdinando I d’Asburgo-Lorena lascia Trieste, 16 settembre 1844

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Ferdinando I d'Asburgo-Lorena lascia Trieste. 
Collezione Dino Cafagna

Lunedì, 16 settembre 1844, l’Imperatore e il suo seguito si congedano da Trieste. La carrozza imperiale si allontana dalla città e, al confine del Territorio di Trieste con la Contea di Gorizia e Gradisca. I Sovrani vengono salutati dalle massime autorità locali, dalla Deputazione di Borsa, dai capi delle comunità religiose non cattoliche, dalla Direzione del “Lloyd”. Ferdinando e Maria Anna fanno fermare la carrozza e si intrattengono con i presenti.
Le due colonne (tuttora esistenti in quel punto sulla strada che porta da Prosecco verso Sistiana) erano state addobbate con ghirlande e bandiere e con delle iscrizioni che salutavano l’Imperatore e la consorte. Esse furono erette per solennizzare un precedente avvenimento del genere: la visita dell’Imperatore Francesco I. Il 20 aprile 1816, infatti, in quel punto ove iniziava il Territorio di Trieste, egli fu accolto dalla “civica rappresentanza”, che perciò fece porre in cima alle colonne “di marmo istriano” (veramente sono di “pietra bianca”) il tradizionale simbolo della città. La riproduzione cioè dell’acroterio sormontato dall’alabarda che era sul campanile di San Giusto sino al 1421, quando venne abbattuto da un fulmine. Simbolo da tempo conosciuto e amato dal popolino e battezzato “el melon”, a causa della sua struttura che ricorda tale frutto.
Data la località, anche se innalzate per tutt’altro fine, nella comune credenza le due colonne da tempo sono ritenute semplici segni di cessata circoscrizione territoriale.
. (Dino Cafagna)

Prosecco (Proseco in dialetto triestino, Prosek in sloveno) è una frazione del comune di Trieste. Si trova sull’altopiano carsico, a metà strada circa tra le frazioni di Opicina e di Santa Croce
Il temine Prosecco significa bosco tagliato, dalle aree disboscate per la coltivazione della vite; la frazione infatti è celebre per aver dato il nome ad uno dei vini più famosi al mondo, il prosecco.
Nella periferia del paese, inizia la strada Vicentina, detta anche Napoleonica, che si collega all’Obelisco di Opicina. (Margherita Tauceri)

Trieste : Piazza Vittorio Veneto con la Fontana dei Tritoni

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Piazza Vittorio Veneto con la Fontana dei Tritoni, opera dallo scultore Franz Schranz. E' stata eretta nel 1897 in occasione dei 50 anni del regno dell'imperatore Francesco Giuseppe I.
Foto Olivia Siauss

 

Piazza Vittorio Veneto: Città Nuova-Barriera Nuova. Lungo via Roma, tra le vie G. Galatti e Milano.

Già piazza della Dogana, mutò denominazione nel 1894 quando, compiuto il nuovo palazzo delle Poste, si stabilì di battezzarla «piazza delle Poste» (delibera Del. Mun. d.d. 2.3.1894). Con delibera Giunta Municipale d.d. 28.3.1919 n. IX-31/5-19 la piazza delle Poste divenne «piazza Vittorio Veneto », a ricordo della battaglia combattuta tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918 che portò alla sconfitta dell’esercito austroungarico. Al n. civ. 1 di piazza Vittorio Veneto si trova il palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, costruito tra il 1890 ed il 1893 su progetto dell’architetto viennese F. Setz, ove prima sorgeva l’edificio della Dogana. Di fronte, al n. civ. 3, si nota il palazzo della Direzione compartimentale delle Ferrovie dello Stato, costruito tra il 1894 ed il 1895 su progetto dell’arch. R. Sagors. Al centro della piazza si trovava originariamente un fontanone ottocentesco, trasportato alla fine del secolo presso il varco di Trebiciano e lì inaugurato, dopo gli opportuni adattamenti, il 29 giugno 1897 come vedetta Alice (della Società Alpina delle Giulie, distrutta durante il primo conflitto mondiale). Rimasta libera la piazza, vi venne costruita nel 1898 in tutta fretta la fontana dei Tritoni (arch. F. Schrantz) onde evitare che fosse occupata da una statua dell’imperatore Francesco Giuseppe I (poi collocata all’interno del palazzo delle Poste).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

Piazza Vittorio Veneto : Fontana dei Tritoni e nuova Fontana

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Piazza Vittorio Veneto : Fontana dei Tritoni e nuova Fontana.
Foto Olivia Siauss

Piazza Vittorio Veneto: Città Nuova-Barriera Nuova. Lungo via Roma, tra le vie G. Galatti e Milano.

Già piazza della Dogana, mutò denominazione nel 1894 quando, compiuto il nuovo palazzo delle Poste, si stabilì di battezzarla «piazza delle Poste» (delibera Del. Mun. d.d. 2.3.1894). Con delibera Giunta Municipale d.d. 28.3.1919 n. IX-31/5-19 la piazza delle Poste divenne «piazza Vittorio Veneto », a ricordo della battaglia combattuta tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918 che portò alla sconfitta dell’esercito austroungarico. Al n. civ. 1 di piazza Vittorio Veneto si trova il palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, costruito tra il 1890 ed il 1893 su progetto dell’architetto viennese F. Setz, ove prima sorgeva l’edificio della Dogana. Di fronte, al n. civ. 3, si nota il palazzo della Direzione compartimentale delle Ferrovie dello Stato, costruito tra il 1894 ed il 1895 su progetto dell’arch. R. Sagors. Al centro della piazza si trovava originariamente un fontanone ottocentesco, trasportato alla fine del secolo presso il varco di Trebiciano e lì inaugurato, dopo gli opportuni adattamenti, il 29 giugno 1897 come vedetta Alice (della Società Alpina delle Giulie, distrutta durante il primo conflitto mondiale). Rimasta libera la piazza, vi venne costruita nel 1898 in tutta fretta la fontana dei Tritoni (arch. F. Schrantz) onde evitare che fosse occupata da una statua dell’imperatore Francesco Giuseppe I (poi collocata all’interno del palazzo delle Poste).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

Trieste : Piazza Vittorio Veneto – Fontana dei Tritoni

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Piazza Vittorio Veneto : Fontana dei Tritoni, opera dallo scultore
Franz Schranz. E' stata eretta nel 1897 in occasione dei 50 anni del regno dell'imperatore Francesco Giuseppe I.
Foto Olivia Siauss

 

Piazza Vittorio Veneto: Città Nuova-Barriera Nuova. Lungo via Roma, tra le vie G. Galatti e Milano.

Già piazza della Dogana, mutò denominazione nel 1894 quando, compiuto il nuovo palazzo delle Poste, si stabilì di battezzarla «piazza delle Poste» (delibera Del. Mun. d.d. 2.3.1894). Con delibera Giunta Municipale d.d. 28.3.1919 n. IX-31/5-19 la piazza delle Poste divenne «piazza Vittorio Veneto », a ricordo della battaglia combattuta tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918 che portò alla sconfitta dell’esercito austroungarico. Al n. civ. 1 di piazza Vittorio Veneto si trova il palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, costruito tra il 1890 ed il 1893 su progetto dell’architetto viennese F. Setz, ove prima sorgeva l’edificio della Dogana. Di fronte, al n. civ. 3, si nota il palazzo della Direzione compartimentale delle Ferrovie dello Stato, costruito tra il 1894 ed il 1895 su progetto dell’arch. R. Sagors. Al centro della piazza si trovava originariamente un fontanone ottocentesco, trasportato alla fine del secolo presso il varco di Trebiciano e lì inaugurato, dopo gli opportuni adattamenti, il 29 giugno 1897 come vedetta Alice (della Società Alpina delle Giulie, distrutta durante il primo conflitto mondiale). Rimasta libera la piazza, vi venne costruita nel 1898 in tutta fretta la fontana dei Tritoni (arch. F. Schrantz) onde evitare che fosse occupata da una statua dell’imperatore Francesco Giuseppe I (poi collocata all’interno del palazzo delle Poste).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

San Giovanni di Duino : Monumento ricordo della Terza Armata

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San Giovanni di Duino : Monumento ricordo della Terza Armata 
"Comando Terza Armata/ Rispettate/ il campo della morte/ e della gloria"

San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

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San Giovanni di Duino : Monumento ricordo della Terza Armata 
"Comando Terza Armata/ Rispettate/ il campo della morte/ e della gloria"

San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

San Giovanni di Duino : Monumento ricordo della Terza Armata

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San Giovanni di Duino : Monumento ricordo della Terza Armata 
"Comando Terza Armata/ Rispettate/ il campo della morte/ e della gloria"

San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

San Giovanni di Duino : Monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”

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San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

San Giovanni di Duino : Monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”

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San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

San Giovanni di Duino : Monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”

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San Giovanni di Duino : Monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”

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San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

San Giovanni di Duino : Monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”

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San Giovanni di Duino, località del comune di Duino-Aurisina nota anche per le risorgive del fiume Timavo. Al di sopra della S.S. 14, è posto il monumento dedicato al 78º Reggimento fanteria “Lupi di Toscana”, a memoria delle valorose azioni militari condotte durante la Prima Guerra Mondiale, dalle pendici dell’Hermada fino alle foci del Timavo, dove nel maggio 1917 perse la vita il Maggiore Giovanni Randaccio.

Trieste : Faro della Vittoria

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Trieste - Faro della Vittoria

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

Trieste : Faro della Vittoria

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Trieste - Faro della Vittoria

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

Trieste – Faro della Vittoria : Ancora della nave Audace

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Trieste - Faro della Vittoria - Ancora della nave Audace

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

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Trieste - Faro della Vittoria

Il Faro della Vittoria nasce su progetto dell’architetto triestino Arduino Berlam (1880 – 1946), che si fa promotore dell’iniziativa già dal 1918, quando la Grande Guerra si è da poco conclusa. Per l‘edificazione del grande monumento, commemorativo i marinai caduti durante la guerra, e faro guida alla navigazione notturna nel Golfo di Trieste, venne scelta una posizione dominante a 60 metri sul livello del mare. Il Poggio di Gretta, un terreno roccioso che aveva già offerto le fondamenta a un’altra costruzione, l’ex forte austriaco Kressich, attivo dal 1854, che con i suoi cannoni proteggeva la spiaggia di Barcola.
La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

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La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
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La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
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La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
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La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
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La costruzione del Faro, iniziata nel gennaio 1923, vide il progetto originario del Berlam modificato dall’architetto Guido Cirilli, che ne dirigeva i lavori. L’opera venne completata il 24 maggio 1927, con un’inaugurazione solenne, presenziata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla regina consorte, Elena di Montenegro. La possente struttura, costata 5.265.000 lire, del peso complessivo di 8.000 tonnellate, è rivestita esternamente di pietra – carsica di Gabria la parte inferiore e pietra istriana di Orsera nella parte superiore. La lanterna, collocata a 115 metri sopra il livello del mare, compie un giro intorno al proprio asse ogni 30 secondi e sprigionando una luminosità di 1.200.000 candele copre una portata di 30 miglia. Sopra la grande colonna cava, un capitello sostiene la “coffa”, riferimento agli alberi delle navi, in cui è inserita la gabbia di bronzo e cristalli della lanterna, coperta da una cupola di bronzo decorata a squame. Sopra la cupola svetta la grande statua in rame della Vittoria Alata, 7 quintali di peso, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer (1863 – 1943), realizzata dal fabbro artigiano Giacomo Sebroth.
In basso si trova la figura del Marinaio Ignoto, 8,6 metri di pietra di Orsera, sempre su disegno di Giovanni Mayer, del maestro scalpellino Regolo Salandini. Sotto la statua è stata collocata l’ancora dell’Audace, la prima nave della Regia Marina Italiana, che il 3 novembre 1918 entrò nel porto di Trieste sbarcando il generale Carlo Petitti di Roreto, incaricato di proclamare l’annessione della città all’Italia. Dopo un viaggio a Zara il 7 novembre, per portare provviste alla popolazione civile, la nave tornò a Trieste il 10 novembre con a bordo il re Vittorio Emanuele III e i generali Armando Diaz e Pietro Badoglio. L’allora Molo San Carlo venne ribattezzato Molo Audace, mentre il lungomare contiguo assunse il nome di Riva 3 novembre.

Anche se convenzionalmente viene dichiarato che l’ancora collocata nel Faro è quella dell’Audace, probabilmente si tratta dell’ancora di un’altra nave, della R.N. Berenice. L’Audace, che alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, venne Incorporata nella Kriegsmarine tedesca ed utilizzata in Adriatico in missioni di scorta, trasporto truppe e posa di mine, il 1º novembre 1944 venne affondata da unità navali inglesi al largo di Pago e il relitto venne individuato alla profondità di 80 metri soltanto nell’agosto del 1999, dai subacquei triestini Leonardo Laneve e Mario Arena.
Ai lati dell’ingresso del Faro sono posti due proiettili della corazzata Viribus Unitis, nave ammiraglia della Marina imperiale austriaca, che doveva il suo nome al motto dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Una lastra in pietra posta alla base del Faro reca l’iscrizione: “ A.D. MCMXXVII « SPLENDI E RICORDA I CADVTI SVL MARE (MCMXV – MCMXVIII) ». (Giorgio Catania)

San Giusto : Meridiana del 1918 a ricordo dell’annessione di Trento e Trieste

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Meridiana del 1918 a ricordo dell'annessione di Trento e Trieste da parte delle truppe italiane

 


Bibliografia di riferimento:

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

Colle di San Giusto : Colonna dell’Aquila

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Colonna del 1560 (chiamata colonna dell'Aquila perché sopra vi era un'aquila imperiale): dal 1844 sorregge un globo di pietra e l'alabarda simbolo della città


Bibliografia di riferimento:

Daniela Climich Rotta, Il colle e la Cattedrale di San Giusto, Trieste 2005.

L’Antiquarium di via Donota

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Le immagini durante gli scavi, dai pannelli presenti

 

L’Antiquarium nasce in seguito alle scoperte degli anni 80-84  in coincidenza coi primi lavori di restauro in Cittavecchia, zona Donota: si scoprono resti di una domus/sepolcreto e di mura cittadine romane. Per cui è stato messo in evidenza quanto  trovato, alcune vetrinette di oggetti, a cui sono stati aggiunti altri relativi al successivo scavo sovrastante di via Barbacan. I pannelli esplicativi spiegano anche qualcosa relativamente al Teatro romano, le cui sculture sono però al Lapidario tergestino al castello.

Questi risultano essere i primi scavi sistematico condotti a Trieste dopo quelli degli anni Trenta, caratterizzati quelli da un obiettivo di esaltazione della romanità tergestina, questi con criteri più attuali.

La via Donota viene considerata come la strada che congiungeva Aquileia con la parte centrale dell’antica Tergeste, sul prolungamento del Cardo maximus, anche se il suo andamento risulta parallelo alla linea di costa e al teatro romano. Gli edifici risultano esterni alle mura urbiche, quindi.
Nel piccolo antiquarium sono  esposti resti romani, lucerne, ceramiche, vetri, ma a differenza di quelli esposti  al Civico Museo, che spesso provengono dal mercato antiquario e non ne è nota la provenienza, questi sono giunti direttamente dagli scavi locali per cui attestano la vita in loco.
Com’era la zona prima dell’inizio dei lavori, dai pannelli, nemmeno la torre Donota medievale era distinguibile.

Gli scavi riconoscono una domus – casa romana costruita in due epoche: una prima più di lusso nel I secolo a C ed una successiva nel I secolo d C; nel II secolo le due case risultano abbandonate come abitazione, forse in parte trasformate in fabbrica, e sul davanti si installa una zona cimiteriale (quelle erano sempre fuori dalle mura).

Della casa sono riconosciute due latrine (forica, successus); esse a volte erano collegate a sistemi idrici come qua che l’acqua non doveva mancare, anche se poi passò a pozzo nero. C’era una “seduta” e un bastone con spugna che serviva come noi usiamo lo scopino…

il sepolcreto che è la parte verso l’esterno, diviso da un corridoio dal resto dalla domus, è delimitato da pietre con copertura semisferica conteneva parecchie tombe, quelle di bambini erano in anfore.

All’esterno, una  macina, probabilmente per olio

Il successivo reperto è dato dalle mura urbiche romane, che in quel punto formano un angolo, risalendo verso il colle e verso l’arco di Riccardo che sempre più si sta qualificando come porta romana.

Pannelli presenti illustrano la storia delle mura, e del solco tracciato con l’aratro, il famoso buris/is che ci facevano studiare fra le eccezioni latine!

Nelle vetrine sono conservati oggetti ritrovati, si tratta  di oggetti di vita quotidiana o di decorazioni dell’interno come mosaici o pezzi di intonaco dipinto.

 

Oggetti domestici quali stoviglie, pentole da cucina. molte di quella caratteristica ceramica lucida rossiccia detta terra sigillata. Alcune col sigillo della fabbrica. Dal tipo di terra , dalla forma delle stoviglie e dal marchio gli esperti riconoscono la provenienza, dall’Africa, dalla Grecia…


Tante lucerne, le case romane non erano molto luminose

è interessante confrontare il frammento a sinistra sotto, con una Iside/Diana/Selene con una lucerna più integra del Museo Civico. sotto a destra

oggetti di uso quotidiano: vetri, aghi di osso o avorio, scatolette, uno strigile per le detersione del sudore degli atleti, un elemento di bronzo probabilmente di mobile

Oggetti provenienti dalle tombe: collanine, fibbie,  pendente a forma di mezzaluna, bicchiere di vetro, lama di coltello, monete

a parte, il Tesoretto di piazza Barbacan: un gruzzoletto di monete ritrovate assieme: paura di invasioni? proprietario accumulatore?

Da ultimo, un sigillo di piombo del doge Vitale II Michiel (1156 – 1172) Vitalia Michael Dei Gratia Venecie Dalmacieatque Chroatie dux

 

testo e foto di Elisabetta Marcovich


 

Bibliografia suggerita dalla Sovrintendenza ai monumenti:

D. Briquel, La leggenda di Romolo e il rituale della fondazione della città, dalla Mostra. Milano, 2000;

De Vecchi Resciniti, Vidulli Torlo: Tutto Città vecchia – Percorsi di storia cittadina. Trieste, 1992;

Filippi, le procedure i riti di fondazione. Modena, 1993;

Lettich, Trieste Romana Archeografo  triestino 1984;

Maselli-Scotti, Trieste uno scavo archeologico per la città. Trieste, 1989;

Maselli-Scotti, Tergeste.  Antichità altoadriatiche, 1990;

Maselli-Scotti, Trieste alla luce delle recenti indagini – Convegno. Trieste-Roma, 1987;

Maselli-Scotti, Edilizia abitativa a Tergeste, 2001.

 

 

 

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Trieste: Piazza Vittorio Veneto. Fontana dei Tritoni.
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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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La Fontana dei Tritoni è opera dallo scultore altoatesino Franz Schranz su commissione del Comune. E’ stata eretta nel 1897 in onore dei 50 anni del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I, anniversario che sarebbe ricorso l’anno dopo. Dalla conchiglia sostenuta da due tritoni e una nereide sgorga l’acqua che bagna le divinità. La vasca è stata realizzata in pietra d’Aurisina.

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Inizialmente nella Piazza Ponterosso , come testimonia la cartografia dell’epoca, era prevista la costruzione di due fontane divise dalla Contrada del Ponterosso (attuale via Roma) . Per questioni economiche venne realizzata solo una . Il progetto della seconda fontana sarà utilizzato, un paio d’ anni dopo, per la vasca della fontana del Nettuno, ora in Piazza della Borsa. Nel 1753 ad opera di Giovanni Mazzoleni fu eretta la fontana nota con il nome di ” Giovanin del Ponterosso” Si pensa che il nome derivi dal fatto che le acque della fontana provenivano dall’ acquedotto di San Giovanni. Il puttino fu posto solo nel 1761 ad opera dello scultore Tedesco Giovanni Carlo Wagner. La fontana è di gusto barocco, con la parte centrale piuttosto articolata, con una rigogliosa vegetazione di pietra, l’acqua della grande conchiglia esce attraverso i tre mascheroni ricadendo nelle conche sottostanti e sgorga a getto continuo dai telamoni scivolando nella vasca principale. Le venderigole della piazza in occasione della festa di San Giovanni , il 24 giugno, ricoprivano Giovanin con ghirlande di fiori. Nel 1947 la fontana è stata restaurata dallo scultore triestino Ruggero Rovan. (da: trieste-di-ieri-e-di-oggi.it)

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Inizialmente nella Piazza Ponterosso , come testimonia la cartografia dell’epoca, era prevista la costruzione di due fontane divise dalla Contrada del Ponterosso (attuale via Roma) . Per questioni economiche venne realizzata solo una . Il progetto della seconda fontana sarà utilizzato, un paio d’ anni dopo, per la vasca della fontana del Nettuno, ora in Piazza della Borsa. Nel 1753 ad opera di Giovanni Mazzoleni fu eretta la fontana nota con il nome di ” Giovanin del Ponterosso” Si pensa che il nome derivi dal fatto che le acque della fontana provenivano dall’ acquedotto di San Giovanni. Il puttino fu posto solo nel 1761 ad opera dello scultore Tedesco Giovanni Carlo Wagner. La fontana è di gusto barocco, con la parte centrale piuttosto articolata, con una rigogliosa vegetazione di pietra, l’acqua della grande conchiglia esce attraverso i tre mascheroni ricadendo nelle conche sottostanti e sgorga a getto continuo dai telamoni scivolando nella vasca principale. Le venderigole della piazza in occasione della festa di San Giovanni , il 24 giugno, ricoprivano Giovanin con ghirlande di fiori. Nel 1947 la fontana è stata restaurata dallo scultore triestino Ruggero Rovan. (da: trieste-di-ieri-e-di-oggi.it)

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Inizialmente nella Piazza Ponterosso , come testimonia la cartografia dell’epoca, era prevista la costruzione di due fontane divise dalla Contrada del Ponterosso (attuale via Roma) . Per questioni economiche venne realizzata solo una . Il progetto della seconda fontana sarà utilizzato, un paio d’ anni dopo, per la vasca della fontana del Nettuno, ora in Piazza della Borsa. Nel 1753 ad opera di Giovanni Mazzoleni fu eretta la fontana nota con il nome di ” Giovanin del Ponterosso” Si pensa che il nome derivi dal fatto che le acque della fontana provenivano dall’ acquedotto di San Giovanni. Il puttino fu posto solo nel 1761 ad opera dello scultore Tedesco Giovanni Carlo Wagner. La fontana è di gusto barocco, con la parte centrale piuttosto articolata, con una rigogliosa vegetazione di pietra, l’acqua della grande conchiglia esce attraverso i tre mascheroni ricadendo nelle conche sottostanti e sgorga a getto continuo dai telamoni scivolando nella vasca principale. Le venderigole della piazza in occasione della festa di San Giovanni , il 24 giugno, ricoprivano Giovanin con ghirlande di fiori. Nel 1947 la fontana è stata restaurata dallo scultore triestino Ruggero Rovan. (da: trieste-di-ieri-e-di-oggi.it)

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Inizialmente nella Piazza Ponterosso , come testimonia la cartografia dell’epoca, era prevista la costruzione di due fontane divise dalla Contrada del Ponterosso (attuale via Roma) . Per questioni economiche venne realizzata solo una . Il progetto della seconda fontana sarà utilizzato, un paio d’ anni dopo, per la vasca della fontana del Nettuno, ora in Piazza della Borsa. Nel 1753 ad opera di Giovanni Mazzoleni fu eretta la fontana nota con il nome di ” Giovanin del Ponterosso” Si pensa che il nome derivi dal fatto che le acque della fontana provenivano dall’ acquedotto di San Giovanni. Il puttino fu posto solo nel 1761 ad opera dello scultore Tedesco Giovanni Carlo Wagner. La fontana è di gusto barocco, con la parte centrale piuttosto articolata, con una rigogliosa vegetazione di pietra, l’acqua della grande conchiglia esce attraverso i tre mascheroni ricadendo nelle conche sottostanti e sgorga a getto continuo dai telamoni scivolando nella vasca principale. Le venderigole della piazza in occasione della festa di San Giovanni , il 24 giugno, ricoprivano Giovanin con ghirlande di fiori. Nel 1947 la fontana è stata restaurata dallo scultore triestino Ruggero Rovan. (da: trieste-di-ieri-e-di-oggi.it)

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Trieste: Canal Grande. Via Roma. Ponte Rosso. James Joyce.

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Sul Ponte Rosso del Canal Grande si trova la statua dello scrittore irlandese James Joyce, opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004. La statua è stata posta in ricordo della sua permanenza a Trieste. La targa posta dalla Fondazione CRTrieste ai piedi della statua di James Joyce recita: “…la mia anima è a Trieste… (Lettera a Nora, 27 ottobre 1909) – JAMES JOYCE 1882-1941”.

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Sul Ponte Rosso del Canal Grande si trova la statua dello scrittore irlandese James Joyce, opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004. La statua è stata posta in ricordo della sua permanenza a Trieste. La targa posta dalla Fondazione CRTrieste ai piedi della statua di James Joyce recita: “…la mia anima è a Trieste… (Lettera a Nora, 27 ottobre 1909) – JAMES JOYCE 1882-1941”.

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Sul Ponte Rosso del Canal Grande si trova la statua dello scrittore irlandese James Joyce, opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004. La statua è stata posta in ricordo della sua permanenza a Trieste. La targa posta dalla Fondazione CRTrieste ai piedi della statua di James Joyce recita: “…la mia anima è a Trieste… (Lettera a Nora, 27 ottobre 1909) – JAMES JOYCE 1882-1941”.

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Sul Ponte Rosso del Canal Grande si trova la statua dello scrittore irlandese James Joyce, opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004. La statua è stata posta in ricordo della sua permanenza a Trieste. La targa posta dalla Fondazione CRTrieste ai piedi della statua di James Joyce recita: “…la mia anima è a Trieste… (Lettera a Nora, 27 ottobre 1909) – JAMES JOYCE 1882-1941”.

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Sul Ponte Rosso del Canal Grande si trova la statua dello scrittore irlandese James Joyce, opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004. La statua è stata posta in ricordo della sua permanenza a Trieste. La targa posta dalla Fondazione CRTrieste ai piedi della statua di James Joyce recita: “…la mia anima è a Trieste… (Lettera a Nora, 27 ottobre 1909) – JAMES JOYCE 1882-1941”.